Da Parigi – Alain Juppé ha sciolto le riserve. Lo scorso 20 agosto, l’ex primo ministro francese ha annunciato la propria candidatura alle Elezioni Primarie del principale partito della destra moderata UMP (Union pour un Mouvement Populaire) che – a meno di colpi di scena – avranno luogo nel 2016, un anno prima del ritorno alle urne per le Presidenziali.
Juppé, membro del ‘trumvirato’ al vertice del soggetto politico (assieme ai colleghi Jean-Pierre Raffarin e François Fillon) dopo le dimissioni di quel Jean-François Copé travolto dallo scandalo Bygmalion, si è rivolto direttamente agli elettori tramite un messaggio pubblicato sul suo blog personale: “Il Presidente della Repubblica e il suo Primo Ministro (François Hollande e Manuel Valls, ndr) hanno perso la fiducia dei francesi. Troppi impegni disattesi, come la crescita o l’arresto della spirale della disoccupazione (…) Le divisioni nella maggioranza parlamentare si aggiungono ad una situazione di caos”, ha scritto il deputato gollista nel preambolo, alludendo alla famigerata fronda creatasi in seno al Partito Socialista per via della svolta ‘liberale’ di Hollande con il Patto di Responsabilità con le imprese.
“Avremmo bisogno di una Francia forte, capace di trascinare un’Europa attiva. Purtroppo, non è questo il caso”, ha ammonito, tirando peraltro in ballo anche i suoi stessi compagni di partito: “Quanto all’opposizione, è appena uscita da un periodo di forti turbolenze (…) Stiamo rimettendo ordine nella casa UMP preparandoci ad un congresso che, tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre, passerà la parola ai nostri militanti e gli permetterà di eleggere in totale trasparenza un nuovo Presidente”. Quindi l’annuncio, con tanto di esortazione sulla data delle Primarie per la scelta del candidato della destra all’Eliseo: “È per questo che ho deciso di candidarmi alle future elezioni primarie. Restano meno di due anni per organizzarle: buon senso vorrebbe che abbiano luogo nella primavera del 2016”.
Sul ruolo di Alain Juppé all’interno dell’UMP si è scritto e dibattuto molto negli ultimi mesi, dai primi fuochi della vicenda Bygmalion fino ai più recenti guai giudiziari del vecchio leader Nicolas Sarkozy. Nel bel mezzo del marasma generale, Juppé è apparso fin da subito come ‘statista rassicurante’, l’uomo giusto per ridare slancio ad un partito minacciato, alla sua destra, dall’avanzata del Front National di Marine Le Pen (che l’ultimo sondaggio IFOP dava addirittura in testa ad un ipotetico primo turno delle Presidenziali). Un altro sondaggio, questa volta targato CSA, sanciva invece come il 50% dei francesi abbia un’opinione positiva dell’ex inquilino di Palazzo Matignon, più degli stessi Fillon (41) e Sarkozy (37). Per Juppé, 69 anni appena compiuti di cui 40 spesi nell’agone politico-istituzionale, non può che essere una nuova giovinezza in politica.
Sembrano lontani anni luce i tempi della rupture tra il vecchio Alain e il popolo transalpino: nel 1995 il celeberrimo ‘Plan Juppé’ (che mirava ad equiparare il regime su pensioni e previdenza sociale tra pubblico e privato) mobilitò ferocemente sindacati e dipendenti delle principali aziende statali, tanto da costringere l’esecutivo a ritirare il progetto. A questo si aggiunse lo ‘sciagurato’ scioglimento dell’Assemblea Nazionale da parte dell’allora capo dello stato Chirac, che nel tentativo di rafforzare il potere istituzionale del Rassemblement du Peuple Républicain (antenato dell’attuale UMP) consegnò di fatto le chiavi di Matignon al socialista Lionel Jospin dopo le elezioni legislative: si trattò del terzo e ultimo caso di ‘coabitazione’ Presidente-Primo Ministro di diverso colore politico nella V Repubblica.
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La più grave ‘macchia’ nella carriera pubblica di Alain Juppé resta tuttavia la condanna a 18 mesi comminatagli dal tribunale di Nanterre nel 2004, nell’ambito del processo sui finanziamenti illeciti al RPR di Parigi tra il 1983 e il 1995 (periodo, peraltro, in cui Juppé esercitava la carica di vicesindaco nell’amministrazione guidata da Chirac). La sentenza sarebbe stata poi rivista in appello con la riduzione della pena a 14 mesi, ma soprattutto con un’interdizione dai pubblici uffici che dai 10 anni inizialmente previsti si assottigliava a uno solo. Questo permise a Juppé di tornare alla politica attiva nel 2006, conquistando la poltrona di sindaco della sua Bordeaux e sostenendo il candidato (vincente) della destra Nicolas Sarkozy nella campagna elettorale per le Presidenziali del 2007. L’era di Sarko all’Eliseo gli consentì inoltre di tornare ad occupare incarichi di governo, dapprima come Ministro dell’Ecologia (2007) poi come titolare di Difesa e Esteri (2010-2011).
L’idillio tra Sarkozy e Juppé finì per interrompersi nel 2012, vero e proprio annus horribilis per la destra moderata francese. Alain accordò il proprio sostegno al più giovane candidato al cospetto dello sfidante Hollande, nonostante la palese Droitisation dell’UMP che tuttavia non pagò nella corsa all’Eliseo.
Il resto è storia nota: la querelle Copé-Fillon per la presidenza del partito, le irregolarità sui finanziamenti e il boom di Marine Le Pen negli ultimi appuntamenti elettorali. Alain Juppé si è improvvisamente ritagliato l’immagine di ‘uomo nuovo’ dei post-gollisti nonostante una militanza pluridecennale, che da altre parti politiche (leggi PS) gli avrebbero garantito l’etichetta di ‘Elefante’. Il fattore anagrafico è passato però in secondo piano grazie ad un discorso pubblico fortemente incentrato su moralità e credibilità: non è un caso che Juppé sia stato uno degli esponenti UMP più in vista ad aver sollevato perplessità sulle frasi anti-giudici di Nicolas Sarkozy, all’indomani della messa in stato di fermo di quest’ultimo per corruzione e abuso d’ufficio.
Sobrietà e senso delle istituzioni sembrano dunque gli elementi che lo rendono più appetibile agli occhi dell’elettorato, stanco dell’immobilismo di Hollande (che ha finito per inghiottire anche l’enfant-prodige della sinistra Valls) e del protagonismo del suo predecessore. Il quasi-plebiscito incassato anche quest’anno alle municipali di Bordeaux ne è stata la cartina di tornasole.
La candidatura di Juppé alle Primarie del 2016 accende quindi la competizione a destra per le prossime Presidenziali, anche se la prima scadenza riguarda la leadership del partito: il voto dei militanti (calcolati in 150 mila da Libération) è previsto in un doppio turno tra il 29 novembre e il 6 dicembre prossimi e, ad oggi, sono state ufficializzate le sole candidature dei comprimari Bruno Le Maire e Hervé Mariton, noto come ‘non allineato’. Il messaggio di Juppé sembra aver preso in contropiede i simpatizzanti ma soprattutto i compagni di partito, ancora in attesa di una decisione definitiva di Nicolas Sarkozy sul suo ritorno sulla scena politica. L’ex presidente, nel corso della sua tribuna su TF1 di luglio, proclamava che avrebbe fatto chiarezza a fine estate: chissà che l’uscita di Juppé non acceleri le operazioni nel clan di Sarko, trasformando le consultazioni per la presidenza UMP in una mera anticamera per la scelta – ben più rilevante – del candidato al vertice dell’Esagono.
In vista delle Primarie del 2016, peraltro, sarà decisiva la questione relativa alle regole, come ricordato dallo stesso Juppé lungo il post: “Per giungere ad una candidatura di unione è necessario un metodo: organizzare primarie aperte a tutti, iscritti e non”. Mentre i sondaggi danno ancora Sarkozy in testa alle preferenze dei militanti, un eventuale allargamento del bacino degli aventi diritto sarebbe un vantaggio non di poco conto per Juppé, che beneficerebbe del sostegno dell’elettorato centrista e moderato. Le parole del leader MODEM François Bayrou dopo l’auto-investitura di Juppé (“Nutro profonda stima per Alain Juppé. C’è una solidarietà reciproca tra i democratici e repubblicani che vogliono vedere il Paese unirsi anziché dividersi”) non lasciano spazio a fraintendimenti: il vecchio saggio Alain, da sempre uomo del ‘Rassemblement’ come nella migliore tradizione gollista, è la figura giusta per concretizzare l’asse con il Centro, “partner naturale a cui l’UMP deve tendere la mano”. Tra l’imprevedibile Sarkozy, il rassicurante Juppé e il ‘liberista’ Fillon nel ruolo di terzo incomodo, la partita per la leadership della destra francese per il 2017 è già entrata nella fase calda.