L’ultima volta Vladimir Putin e Petro Poroschenko si erano incontrati in Normandia a margine del 70esimo anniversario dello sbarco alleato. Dopo quell’incontro tutto sommato pacato e disteso, così come per niente risolutivo, la violenza del conflitto tra esercito ucraino e ribelli dell’Est avrebbe subito una drammatica escalation.
Infatti l’Ucraina sembra ormai irrimediabilmente spaccata in due e non passa giorno senza che le “roccaforti” separatiste vengano massicciamente bombardate anche se le stesse autorità locali tengano a fare sapere che “il servizio di trasporto pubblico funziona normalmente”. Forse per conservare un minimo di normalità. Quella normalità ormai persa nel corso di una guerra fratricida.
Poroschenko e Putin sono tornati a parlarsi ieri durante il vertice tra Russia, Bielorussia e Kazakistan che presto inaugureranno la loro “Unione Doganale”. Mentre si continuava a combattere nelle regioni sud orientali ucraine, i due Presidenti si sono stretti la mano. Ma la pace era ed è lontana. La Russia potrebbe perdere 100 miliardi di rubli in seguito all’accordo di associazione tra Ue e Ucraina.
Ancora più grave per Mosca il fatto che la NATO presto potrebbe inaugurare delle basi permanenti nell’Est europeo. “La Russia non ha mai voluto essere un partner per l’alleanza atlantica, è stata la prima nazione dopo la Seconda Guerra Mondiale a guadagnare il controllo di un territorio occupandolo con la forza” ha dichiarato ultimamente Rasmussen al Guardian.
Riassumendo: Putin comincia a preoccuparsi. Le sanzioni Ue cominciano a fare sentire il loro peso – Mosca per il 2015 ha abbassato le previsioni di crescita di un punto di percentuale – inoltre l’intransigenza della NATO potrebbe avere come risultato quello di togliere dalla sfera d’influenza del Cremlino vaste aree a cui era tradizionalmente legato e che in un modo o nell’altro erano facilmente controllabili. L’Ucraina è già “politicamente” al di fuori del “giogo” russo, lo sarà ancor di più dopo le elezioni di fine Ottobre.
Il “vincitore” di questa partita al momento sembra essere Aleksandr Lukaschenko, l’unico presidente che la Bielorussia abbia conosciuto dalla dissoluzione dell’Urss. Oltre al fatto che l’economia bielorussa, per l’80% nelle mani dello Stato, ha subito un’impennata dopo l’embargo russo nei confronti dei prodotti agroalimentari occidentali adesso Minsk sembra essere diventato l’unico luogo dove Putin e Poroschenko possono incontrarsi “senza perdere la faccia”, ha rilevato Fyodor Lukyanov direttore della rivista Russia in Global Affairs.
“Essendo un paese molto legato alla Russia pur mantenendo la parvenza dell’autonomia, l’Europa adesso è obbligata a parlare con la Bielorussia – riferisce sempre Lukyanov – Lukaschenko adesso veste il cappello del pacificatore tra Mosca e Kiev grazie alla sua apparente neutralità”.
L’Ue, ora che Lukaschenko ha la possibilità di diventare un affidabile interlocutore politico, potrebbe diminuire le proprie sanzioni nei confronti della Bielorussia e “venire a patti col modello di governo bielorusso – ha detto Vladimir Zharikin direttore dell’Istituto per i paesi della CSI (Comunità Stati Indipendenti) di Mosca – l’ultimo dittatore d’Europa è utile per la propaganda ma non per gli affari”.