La frenata sulla giustizia, imputabile formalmente ai dissidi interni alla maggioranza su alcuni punti controversi della riforma (intercettazioni, prescrizione, responsabilità civile dei magistrati), potrebbe in realtà essere interpretata anche come una sorta di “bocciatura” del ministro Orlando.
Un po’ come accaduto con la riforma della scuola (il premier mira a intestarsi il merito dell’assunzione di 100.000 insegnanti precari), Renzi avrebbe preso di petto la situazione e chiamato a sé il Guardasigilli, dettando i punti della riforma da portare nel Cdm di venerdì. In modo da veicolare verso i cittadini il messaggio che l’approvazione di quella riforma è in primis merito suo.
La strategia, molto abile nell’ottica di creazione di consenso, è al tempo stesso rischiosa visto che, almeno per ora, Pd e Ncd faticano a trovare un accordo. E Forza Italia, che il premier-segretario contava di riuscire a portare dalla propria parte, annuncia un’opposizione dura.
Ad ogni buon conto, Renzi pare intenzionato a fare sue le due riforme più attese di questi mesi, scuola e giustizia, sulle quali si gioca buona parte della propria credibilità. Basti vedere quanto accaduto oggi: un vertice tra il presidente del Consiglio, i capigruppo del Pd, il responsabile scuola Davide Faraone e il sottosegretario all’Istruzione Roberto Reggi. Tutti gli addetti ai lavori tranne la più importante: la titolare del dicastero Stefania Giannini. Lo stesso potrebbe accadere per la giustizia, fronte ancor più incandescente, anche perché la decisione ormai è presa: sulle riforme il premier ci metterà la faccia.