Landini (Fiom): servono soluzioni, altrimenti ci deindustrializzeremo
E’ noto che la Fiom ed il suo leader, Maurizio Landini, non sono mai andati d’amore e d’accordo con gli esecutivi di Palazzo Chigi. Le frizioni sono sorte addirittura tra Fiom e Cgil, nel recente passato. I metalmeccanici, adesso, in vista del prossimo, ennesimo autunno caldo, si mobilitano. E Landini parla dei suoi rapporti coi vari Governi, compreso l’ultimo in cui il centrosinistra (Partito Democratico) è maggioranza relativa.
Il segretario della Fiom parla, in un’intervista al Corriere della Sera, di interlocuzione: “l’ho cercata con tutti i governi, se la trovo adesso con questo non sono io che ho cambiato strategia. Poi è chiaro che ci sono punti di vista ancora molto diversi. Io voglio poter dire la mia. Ma senza porre veti, perché un governo ha poi il diritto di decidere”. La crisi odierna, quella sociale e quindi politica, ricade sulla rappresentanza: “non mi nascondo che c’è una crisi che interessa tutti gli organismi di rappresentanza, delle imprese come del sindacato o della politica. Per questo c’è necessità di un cambiamento del loro modo di agire e di muoversi”, sostiene Landini. Che continua: “un corpo di rappresentanza è debole se non rappresenta nessuno ma se ha proposte e si dimostra in grado di mobilitare i lavoratori, chiunque deve ascoltarlo”, del resto “noi dialoghiamo ma siamo sempre pronti alla mobilitazione”. Una mobilitazione che, forse, Renzi non sta costituire, ma che riesce a canalizzare in innumerevoli suffragi grazie ad una forza che “ha saputo cogliere perché, dopo 20 anni di governi che non hanno affrontato i veri problemi, lui ha incarnato per la gente il cambiamento. Ho apprezzato la scelta degli 80 euro, che va confermata, e la tassazione delle rendite finanziarie. Non mi è piaciuta l’estensione dei contratti a termine e non mi convince molto la riforma istituzionale ed elettorale”.
Landini si concentra, poi, sulla crisi economica: “bisogna avere in mente che si difende il lavoro se si difende il Paese. Bisogna proporre soluzioni. Non è il momento delle chiacchiere, altrimenti corriamo il rischio di essere il sindacato che accompagna il Paese alla deindustrializzazione”, come sottolineato dai dati Ocse di pochi giorni fa. “Non vogliamo essere né un sindacato di governo – continua il sindacalista emiliano – né di opposizione ma un soggetto indipendente e democratico che ha un’idea della politica industriale che serve a rilanciare il Paese”.
Daniele Errera