Analisi di Henry Kissinger sulla crisi del modello Occidentale
Henry Kissinger al Corriere parla della crisi che attraversa il modello dei Paesi Occidentali: “Il concetto di ordine mondiale che ha governato sinora i rapporti internazionali è entrato in una crisi irreversibile“.
Per il politico statunitense di origine tedesca e membro del partito repubblicano “gli anni che vanno all’incirca dal 1948 al nuovo secolo hanno segnato un breve periodo nella Storia umana in cui si è assistito alla nascita di un ordine mondiale composto da un amalgama di idealismo americano e di concezioni tradizionali europee, per quel che riguarda la sovranità degli Stati e l’equilibrio del potere” tuttavia, “vaste aree del pianeta non hanno mai veramente condiviso tali principi”. “E ora, prosegue, l’ordine stabilito e proclamato dall’Occidente si trova oggi a un punto di svolta”.
Kissinger giudica un “fallimento” l’assenza di “un meccanismo efficace a disposizione delle grandi potenze per consultarsi e adottare misure collaborative sui problemi più urgenti e drammatici” al posto degli attuali “vertici multilaterali” occorre invece procedere “dietro la spinta di convinzioni condivise”, pena non tanto “una guerra tra Stati (anche se questo è un rischio reale in alcune regioni), quanto un’ evoluzione verso sfere di influenza contraddistinte da particolari strutture interne e forme di governo” e “una conflittualità protratta tra regioni”.
Kissinger segnala l’urgenza di “un ordine mondiale di Stati in grado di garantire governi partecipativi e dignità individuale, e disposti a collaborare sullo scacchiere internazionale rispettando regole condivise”. Da parte loro gli Stati Uniti dovranno fare “una riflessione su due livelli apparentemente contraddittori. L’attuazione di principi universali dovrà essere accompagnata dal riconoscimento della realtà di altre regioni, ognuna con la sua storia, la sua cultura e la necessità di tutelare la propria sicurezza”.