Il governo presenta la riforma della scuola in 12 punti (e in 6 errori ortografici)
Essendo ormai note a tutti la preparazione culturale e la formazione scolastica di alcuni politici italiani, l’abitudine ad assistere a clamorosi strafalcioni grammaticali o a perdere congiuntivi per strada è ormai consolidata. Basti pensare alle “interviste ai politici” che il programma tv Le iene ha trasmesso per anni, il cui emblema fu l’indimenticabile onorevole che confuse il fast food con il Darfur. Se qualcuno credeva, però, che in tempi di rottamazione avremmo spazzato via anche cantonate e figuracce, sbagliava di grosso. Ironia della sorte, l’ultima fonte di ispirazione per la satira del web arriva proprio da Palazzo Chigi.
Infatti, come hanno immediatamente notato in molti, la slide di presentazione dei dodici punti salienti relativi alla riforma della scuola, pubblicata sul sito del governo e diffusa poi sui social – come è ormai è solito fare Matteo Renzi – con un efficace hashtag (#labuonascuola), presenta ben sei errori ortografici. Considerata la natura di tali errori, risulta evidente che chi si è occupato di redigere il suddetto manifesto abbia qualche difficoltà con la sillabazione.
I sei errori, infatti, riguardano tutti una errata suddivisione delle sillabe nel punto in cui, terminata la riga, si è costretti ad andare a capo. Come mostra l’immagine in basso, se l’inesatta divisione in sillabe dei primi due vocaboli (“Costituzi-one”, “assunzi-one”) può essere considerata un peccato veniale (i dittonghi, è innegabile, sono da sempre una delle principali occasioni di inciampo grammaticale anche per i più preparati), le altre quattro parole (“amminis-trativi”, “dig-itali”, “sec-ondaria”, “traspar-ente”) sono state sillabate in maniera imperdonabile. I dubbi in merito sono certamente comprensibili. Eppure sarebbe bastato procedere secondo una logica di cui Matteo Renzi è assoluto professionista: consultare il web. Sarebbe stato sufficiente aprire una delle tante applicazioni dove basta digitare la parola “incriminata” per ricavarne subito la versione suddivisa in sillabe, ineccepibilmente corretta.
Qualcuno si è subito affrettato a difendere il governo, parlando di polemica sterile e adducendo motivi di errata impaginazione grafica. Ipotesi certamente plausibile. Ma, data l’amplissima rilevanza mediatica di cui tale documento sarebbe stato oggetto, una supervisione finale era doverosa. O forse la frenetica corsa al tweet immediato e compulsivo non ha consentito agli addetti ai lavori un controllo degli aspetti formali? In ogni caso, dopo l’imbarazzante conferenza in un maccheronico inglese (dal quale hanno preso spunto decine di parodie ormai virali sui social), si tratta di un altro passo falso per Matteo Renzi, il quale – pur di badare alla concretezza – continua a prendere granchi tranquillamente evitabili, con un po’ di superficialità in meno.
Ad amplificare la portata dei suddetti errori ortografici, vi è poi il fatto – non certo secondario – che questi erano contenuti in un documento avente ad oggetto (neanche a farlo apposta) proprio l’istruzione, un settore strategico i cui rappresentanti in passato si erano già resi protagonisti di esilaranti gaffe. Più di qualcuno ricorderà, a tal proposito, le esilaranti gaffe del ministro Gelmini qualche anno fa, dall’ “egìda” ai “neutrini”. Certo è che presentare una slide riassuntiva piena di errori, per quanto qualcuno possa considerarli irrilevanti, non è certo un buon biglietto di visita per una riforma della scuola.