Caro Ministro,
leggo in un lancio di agenzia dello scorso 8 aprile che sarebbe pronto ad aggiornare le nuove tariffe sull’equo compenso a costo di “prendere fischi da tutti” perché questo sarebbe il prezzo da pagare quando si cercano mediazioni difficili come quella in questione tra soggetti portatori di interessi contrapposti.
Probabilmente ha ragione Lei e, probabilmente, nell’assumere una decisione politica è inesorabile mettersi sulle spalle il rischio di essere fischiato da taluni e, forse, persino da tutti.
Credo, però, che, in questa vicenda sia possibile se non eliminare, almeno, attutire la “rumorosità” dei fischi che accoglieranno il suo provvedimento.
Se, infatti, è vero che, probabilmente, nell’aggiornare le attuali tariffe non potrà che scontentare qualcuno e meno vero che dovrà necessariamente scontentare tutti.
Scontenterebbe, ad esempio, molta meno gente se squarciasse la nebbia che sembra aver avvolto il Suo dicastero rendendo inaccessibili i risultati della ricerca di mercato commissionata, nei mesi scorsi, dal suo predecessore, Massimo Bray e consentisse così, a tutti, di comprendere ed assimilare ragioni e logiche alla base del provvedimento che si accinge a varare.
Dura lex, sed lex.
Si tratta di un principio vero, soprattutto, quando si tratta della dura legge dei numeri: se quella ricerca di mercato è stata svolta come avrebbe dovuto e confermasse che, effettivamente, i consumatori italiani usano ipad e tablet per eseguire copie private di opere legittimamente acquistate in modo tanto massiccio da giustificare l’esoso prelievo che Lei si avvia a stabilire, c’è da scommettere che il numero dei soggetti che fischierebbero il suo provvedimento sarebbe inferiore e che i fischi sarebbero di ben minore intensità.
La circostanza che nonostante le richieste – formali, informali, mediatiche e ufficiali – pervenutele, Lei difenda ostinatamente il segreto di quei risultati, proietta, inesorabilmente, uno cono d’ombra su quello che sta avvenendo all’interno del Suo Ministero e fa apparire – come non voglio credere che sia – che la misura delle tariffe del c.d. equo compenso per copia privata sia destinata ad essere fissata in una logica da mercato, assai poco scientifica.
La difesa di quell’indifendibile segreto sta facendo inesorabilmente caricare i polmoni di quanti si apprestano a “fischiarla” a prescindere dal contenuto del provvedimento che adotterà, semplicemente perché, nel metodo, si tratta di un comportamento democraticamente inaccettabile.
Non è più tempo – ammesso che mai lo sia stato – di segreti e, prima o poi, magari il giorno dopo il varo del suo provvedimento, i risultati di quella ricerca verranno alla luce da qualche PC nel quale sono passati o rimasti archiviati e, a quel punto, ben difficilmente potrà difendere l’operato del Suo Ministero e l’aver imposto, esosi prelievi sull’acquisto di dispositivi che – secondo la ricerca di mercato che, sin qui, ha tanto gelosamente custodito – non vengono utilizzati per l’esecuzione di copie private.
Domani in Parlamento, dovrà rispondere ad un’interpellanza con la quale l’On. Stefano Quintarelli ed una lunga serie di altri Deputati le chiedono, tra l’altro, di condividere i risultati della ricerca di mercato in questione.
Cosa pensa di rispondere? Come pensa di giustificare davanti al Parlamento, davanti ai consumatori destinatari ultimi di un prelievo coattivo da decine di milioni di euro e davanti all’impresa ICT la decisione di rispondere ad una richiesta di trasparenza opponendo il segreto su un atto istruttorio nato con il più nobile degli obiettivi ovvero quello di conoscere prima di deliberare?
D’accordo rischiare di prendere fischi nell’esercizio delle proprie funzioni e responsabilità ma si sottragga, almeno, al rischio di prendere fischi per fiaschi, considerando segreto ciò che dovrebbe essere pubblico.
Condivida i risultati della ricerca di mercato commissionata dal suo predecessore, convochi un tavolo tra i portatori degli interessi in gioco e, poi, assuma la sua decisione su base scientifica, decidendo – a seconda i risultati della ricerca – se e quanto aumentare davvero il compenso per copia privata ed in relazione a quali dispositivi e supporti.
La legge, come giustamente ricorda Lei, le impone di “aggiornare le tariffe dell’equo compenso” e “aggiornare” non significa necessariamente aumentare ma, semplicemente, adeguare ai mutamenti del mercato e delle dinamiche di condivisione dei contenuti.
Sia trasparente e vedrà che il coro di fischi sarà meno rumoroso di quanto si aspetti e, forse, persino squarciato da qualche applauso.