Magari i numeri alla fine saranno diversi. E magari gli equilibri parlamentari saranno più complicati rispetto alle previsioni. Su una cosa però si può essere abbastanza sicuri: il futuro primo ministro di Svezia sarà Stefan Löfven, leader del Partito Socialdemocratico. La Svezia che andrà al voto il prossimo 14 settembre congederà il governo di centrodestra di Reinfeldt e tornerà all’antico, affidandosi ancora una volta alla sinistra.
Da mesi i numeri raccontano questa storia: Partito Socialdemocratico, Verdi e Partito della Sinistra sono avanti. Gli ultimi sondaggi pubblicati dalla Sveriges Radio danno il Partito Socialdemocratico al 30 per cento, con i Verdi al 9,9 e il Partito della Sinistra al 7,2. I Moderati del primo ministro Reinfeldt sono al 22,4 per cento. Anche il resto della coalizione di centrodestra raccoglie poco: Partito di Centro, Cristiano Democratici e Liberali mettono insieme poco più del 16 per cento. Difficile l’entrata in Parlamento di Iniziativa Femminista, sotto la soglia del 4 per cento. I Democratici Svedesi, la più a destra delle forze politiche di Stoccolma, sono al 10,4 per cento: ma nessuno si dice disposto a collaborare con loro. Se il blocco rossoverde dovesse fermarsi prima del 50 per cento, però, il comportamento dei Democratici Svedesi potrebbe diventare decisivo, soprattutto quando si tratterà di votare il bilancio statale.
Gli indecisi restano tanti: mezzo milione di elettori non ha ancora le idee chiare, ha scritto nel fine settimana il quotidiano Aftonbladet. E questo è insolito, considerato che normalmente l’incertezza diminuisce con l’avvicinarsi della data del voto.
Per i Socialdemocratici l’appuntamento elettorale è determinante. Löfven ha indicato l’obiettivo di raggiungere il 35 per cento, una quota che nelle ultime settimane si è allontanata parecchio. L’attuale 30 per cento dei consensi segnalato dai sondaggi è poco, ma un risultato numerico negativo potrebbe essere addolcito dal ritorno al potere. Del resto il Partito Socialdemocratico svedese aspetta questo voto per archiviare la stagione più difficile della sua storia recente: otto anni all’opposizione, numeri in picchiata e una girandola di leader che hanno messo in discussione le ricette del partito, il suo ruolo nella Svezia e le sue regole interne. È stato l’ex sindacalista Stefan Löfven a ridare un po’ di serenità a una formazione politica che ha toccato uno dei punti più bassi con la breve (e travagliata) leadership di Håkan Juholt, a capo del partito per pochi mesi dopo la deludente stagione targata Mona Sahlin.
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I Socialdemocratici dicono che la Svezia che immaginano sarà diversa rispetto a quella disegnata da Reinfeldt in questi ultimi otto anni. Sarà una Svezia che invertirà la rotta, ha spesso ripetuto Löfven, una Svezia che abbandonerà il sentiero del taglio alle tasse e dell’alleggerimento del welfare. Gli svedesi sono rimasti scottati dall’aumento delle diseguaglianze sociali e i Socialdemocratici hanno più volte accusato il governo di centrodestra di aver smantellato il welfare.
La gente vuole investimenti sulla sanità e sulla scuola, argomento caldo di questi mesi di campagna elettorale. I Socialdemocratici hanno promesso che aumenteranno gli stipendi degli insegnanti e lavoreranno per facilitare l’integrazione degli immigrati, un tema tutt’altro che marginale. Circa il 15 per cento della popolazione svedese è composta da stranieri o persone con radici straniere e l’integrazione non sempre ha funzionato: prova ne è la sequela di notti di guerriglia a Stoccolma, nella primavera dell’anno scorso.
Il primo ministro Reinfeldt ha provato e riprovato a tenere il dibattito elettorale sull’economia. Il governo di centrodestra ha tagliato ad agosto le stime di crescita: da 2,5 per cento a 1,9 per quest’anno e da 3,1 per cento al 3 per il 2015. Colpa dell’instabilità del quadro internazionale, ha spiegato il ministro delle Finanze Anders Borg, figura forte del governo di Stoccolma e probabile successore di Reinfeldt alla guida dei Moderati se il centrodestra dovesse perdere le elezioni. Ma l’economia resta comunque un risultato da mettere in mostra, per Reinfeldt. Nonostante tutte le incertezze del caso, infatti, la Svezia cresce, è solida e la curva della disoccupazione punta verso il basso: 7,1 per cento a luglio. Reinfeldt ha la fiducia dei suoi concittadini anche quando si tratta di politica estera e Unione europea. Molti però in Svezia pensano che il governo di centrodestra non sia stato capace di risolvere problemi seri come la disoccupazione giovanile. E dopo otto anni c’è una naturale voglia di cambiare.
Da soli i Socialdemocratici non potranno governare. A Löfven servirà l’appoggio o del Partito della Sinistra (che vuole aumentare ancor di più le tasse per i redditi elevati) o dei Verdi (che invece vorrebbero spegnere le centrali nucleari del paese). La prima via sembra la più difficile, considerata l’avversione che Löfven nutre per le parti estreme dello schieramento politico, sia a destra che a sinistra. Uno scenario probabile è quello che passa per la nascita di un governo di minoranza (cosa non insolita nella storia politica svedese) composto da Verdi e Socialdemocratici, con Löfven a cercare di volta in volta in Parlamento l’appoggio dei partiti di centro e del Partito della Sinistra. Più terreno lascerà per strada il Partito Socialdemocratico, più difficoltà potrebbe incontrare in Parlamento. Ma questo, alla lunga, potrebbe anche finire per scardinare l’assetto politico che la Svezia ha avuto in questi ultimi otto anni.
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