Le priorità sono poche ma non certo semplici: combattere l’Isis, ricucire il paese, risolvere i contrasti con le minoranze. Quattro mesi dopo le elezioni di fine aprile, l’Iraq ha un nuovo governo. Il Parlamento ha concesso la fiducia allo sciita Haider al-Abadi, il quale ha preso il posto di Nouri al-Maliki, travolto dalle critiche in patria e all’estero e considerato una delle ragioni della crisi irachena.
Al-Maliki è tra i vicepresidenti della Repubblica. L’ex premier sciita Ibrahim Jafaari, dell’Islamic Dawa Party, è il nuovo ministro degli Esteri. Il dicastero del Petrolio è andato allo sciita Adel Abdel Mehdi, dell’Islamic Supreme Council. Il curdo Hoshyar Zebari è uno dei tre vicepremier. Il governo però non è ancora completo. Vacanti restano le caselle più importanti, vale a dire Difesa e Interno: Haider al-Abadi ha promesso di assegnare le deleghe entro la settimana, nel frattempo ricoprirà lui entrambi gli incarichi.
Il segretario di Stato americano John Kerry ha definito la nascita del nuovo governo iracheno una tappa fondamentale nel percorso che dovrebbe riportare la pace nel paese. Questa settimana, Kerry ha in programma una serie di incontri in Medio Oriente per discutere della coalizione internazionale che combatterà l’Isis.
Proprio nei confronti dell’Isis, Haider al-Abadi ha dichiarato di fronte al Parlamento dell’Iraq che appoggerà “le operazioni militari in tutte le aree di confronto con le bande armate e le forze del terrorismo”, e che assicurerà “la loro continuazione fino al raggiungimento della vittoria”.
Il premier ha aggiunto che sarà vietato costituire formazioni armate senza il benestare del governo e ha ipotizzato che i volontari che vogliono combattere l’Isis vengano arruolati in un corpo autorizzato.
Per quanto riguarda la minoranza curda, al-Abadi ha affermato che il suo governo “si impegna a risolvere tutte le questioni in sospeso con la regione autonoma del Kurdistan”. Tra curdi e governo centrale la distanza resta piuttosto ampia. I nodi da sciogliere vanno dalla definizione dei confini al controllo delle risorse naturali.
Il premier dovrà ricostruire i rapporti anche con i sunniti dopo le politiche discriminatorie condotte da al-Maliki: il loro appoggio è fondamentale nella lotta contro l’Isis. Non a caso gli Usa hanno invitato più volte le autorità di Baghdad a ricercare il dialogo con la comunità sunnita.
Immagine in evidenza: The US Army – CC BY 2.0