“Il cessate il fuoco sta complessivamente tenendo anche se resta traballante”. Nelle parole pronunciate ieri da Thomas Greminger, rappresentante svizzero all’Osce che ha 250 osservatori in Ucraina, c’è tutta l’incertezza che avvolge la tregua decisa sul finire della scorsa settimana. Si spara nei pressi dell’aeroporto di Donetsk, dove stanotte sono piovuti colpi di mortaio e razzi. Ma si spara anche intorno a Mariupol, si spara nei villaggi dell’est dell’Ucraina. Incidenti sporadici, schermaglie isolate che però tengono la tensione alta e fanno vittime. La tregua regge ma ha un destino incerto.
Sono tanti i motivi che mettono a rischio la riuscita del cessate il fuoco in Ucraina: primo fra tutti, la grande varietà delle forze in campo. Oltre all’esercito di Kiev, sul terreno sono presenti gruppi di nazionalisti di estrema destra scesi in campo al fianco delle truppe regolari ucraine per difendere il paese da quella che considerano una aggressione di Mosca.
Ancor più confuso è il campo dei separatisti filorussi, un blocco tutt’altro che compatto: difficile stabilire chi comanda, chi dà gli ordini. Né è possibile escludere che alcune milizie inseguano interessi personali.
In questa situazione è complicato far onorare del tutto il cessate il fuoco, ha scritto la CNN: alcuni gruppi armati non hanno intenzione di rispettare i piani, altri potrebbero avere interesse nel far saltare la tregua e far riprendere gli scontri con più violenza. La grande incertezza che caratterizza il conflitto ucraino accentua queste dinamiche e le alimenta: nelle ultime ore, una parte ha accusato l’altra di aver infranto gli accordi.
A questo si aggiunge una tregua dalle condizioni incerte, con il tema dell’autonomia delle regioni orientali ancora tutta da definire. Nessuna delle parti in causa ha intenzione di cedere del tutto di fronte alle richieste dell’avversario.
Photo by The US Army Europe images – CC BY 2.0
L’Ucraina ha bisogno di chiudere al più presto la fase degli scontri e rimettere in moto la macchina economica del paese: il conflitto sta costando caro sia in termini politici che economici. Ma dopo aver perso la Crimea, l’opinione pubblica difficilmente accetterebbe di vedere le regioni orientali voltare le spalle a Kiev e avvicinarsi a Mosca: un epilogo che suonerebbe agli occhi degli ucraini come una vittoria per Putin e una sconfitta per loro.
Dall’altra parte, i separatisti filorussi negli ultimi giorni hanno guadagnato terreno, tornando in posizione di forza dopo aver subito per settimane la controffensiva ucraina. Tutto ciò fa sì che le condizioni per un aspro braccio di ferro persistano: solo una decisa volontà politica potrà scongiurare il riprendere degli scontri, ha scritto il New York Times. Va in questa direzione lo scambio di prigionieri che c’è stato nelle ultime ore. Petro Poroshenko e Vladimir Putin si sono sentiti telefonicamente. Il Cremlino ha informato che il dialogo va avanti: i due presidenti “hanno continuato a discutere dei prossimi passi per facilitare una soluzione pacifica della crisi nel sud-est dell’Ucraina”.
A pagare il conto di questa situazione d’incertezza è soprattutto la popolazione, e questa non è una novità. Civili e militari lungo la linea del fronte avevano espresso sin da subito grosse perplessità, convinti che dopo mesi di battaglia il cessate il fuoco non avrebbe retto.
Al Jazeera ha raccontato la delusione degli abitanti di Dontesk e Mariupol, che speravano di poter tirare finalmente il fiato. A farsi strada è invece l’amara consapevolezza che la tregua sia tale solo su carta. Fino a oggi secondo i calcoli dell’Onu sono oltre 3.000 le vittime della guerra che si combatte nell’est dell’Ucraina.
In questo quadro, l’Unione europea osserva e aspetta. Ieri Bruxelles ha approvato un nuovo pacchetto di sanzioni: nel mirino giganti come Rosneft, Transneft e Gazprom Neft. Le sanzioni sono pronte ma verranno applicate solo sulla base degli sviluppi della tregua in Ucraina: “In funzione della situazione sul terreno, l’Ue resta pronta a rivedere le sanzioni concordate in tutto o in parte” ha spiegato Van Rompuy. Altrettanto pronta è la Russia, la quale ha dichiarato che “se ci saranno sanzioni connesse all’energia o ulteriori restrizioni al nostro settore finanziario, dovremmo rispondere in modo asimmetrico, ad esempio con restrizioni nella sfera del trasporto aereo”. Tanti occhi – per tante ragioni – sono rivolti alla debole tregua nell’est dell’Ucraina.
Immagine in evidenza: photo by The US Army Europe images – CC BY 2.0