Le spese dello Stato per gli affitti, un masso difficile da scalfire

Pubblicato il 15 Settembre 2014 alle 15:33 Autore: Gianni Balduzzi

E’ tempo di denuncia degli sprechi, dai veli sollevati sulla “casta” ai recenti scandali legati ai rimborsi a rappresentanti locali e la mangiatoi delle aziende partecipate dal pubblico, la crisi economica non ha fatto che esacerbare l’indignazione, ma al contrario di quanto si dica di solito, moltissimo non è stato fatto, e quasi tutto resta da fare, per esempio sugli affitti “d’oro”

Si tratta di quelle locazioni che lo Stato centrale, ma soprattutto gli enti locali pagano per ospitare le funzioni loro competenti: 12 miliardi di euro, e “solo” 1,2 miliardi dallo Stato centrale.

Sono cifre che vanno paragonate con il patrimonio in mano pubblica, ovvero 368 miliardi per gli enti locali e 62 miliardi per l’amministrazione centrale. Sarebbe come se una persona o una famiglia con una casa di 200 mila € invece di usarla pagasse circa 500€ al mese abitando in affitto.

Anche se i confronti tra gestione di uno Stato e gestione di una famiglia, tanto cari a tanti politici, sono abbastanza fuorvianti normalmente, in questo caso vi è della verità.

Inoltre vi è negli edifici pubblici adibiti a ufficio una superficie media per dipendente pubblico superiore ai 30 metri quadri, che spesso si avvicina addirittura ai 50 mq, nettamente superiore rispetto alla forchetta di 20-25 metri quadri per addetto previsti dalla legge finanziaria per il 2010. Come a dire che anche volendo affittare, si potrebbero affittare il 40% in meno degli spazi.

A livello di metrature infatti al 2013 è stato calcolato da parte del Demanio che erano 15 milioni i metri quadri affittatti dallo Stato centrale, una delle tante cifre enormi che hanno motivato un tentativo di intervento legislativo a fine 2013, sulla scorta delle indicazioni del commissario alla spending review del governo Monti, Bondi. Le prime bozze di intervento a fine 2013, destinato ad avere un iter tormentato, prevedevano che fosse possiile per l’ammministrazione statale recedere dal contratto di locazione entro il 31 dicembre 2014 con un preavviso di 30 giorni, dopo varie modifiche, tra cui emendamenti che miravano a escludere gli immibili proprietà di fondi con azionisti, fu previsto che il recesso dovesse avvenire entro il 30 giugno 2014 con ben 6 mesi di preavviso, condizione evidentemente impossibile, ma il decreto non fu infine convertito, così si è giunti all’ultima versione con il decreto legge Irpef che ha previsto il termine del 31 luglio 2014 per esercitare i preavviso.

Finora questa legge ha provocato il solo recesso della Camera dai Palazzi Marini, in cui erano ospitati gli uffici dei deputati, per un costo di 20 milioni annui, affittati dalla Milano 90 srl, e fa parte dell’impegno che la Camera dei Deputati ha messo in campo da alcuni anni per risparmiare sui costi, come la Camera stessa tiene a precisare e  pubblicizzare:

 affitti-doro

 

Il punto però rimane la mole di risorse utilizzate e possiamo ben dire sprecate a livello locale. Non a caso a ricercare informazioni ci si in batte in una miriade di iniziative in moltissime province, in cui si chiede, soprattutto dal M5S, il recesso dagli affitti onerosi da parte del comune, da Gravina di Puglia a Faenza a Taormina a Barletta, spesso senza una risposta da parte dell’amministrazione. del resto moltissimi sono i legami tra la politica e gli immobiliaristi da sempre, e ci sono tanti piccoli Scarpellini (il noto palazzinaro proprietario di moltissimi (immobili affittati alla Camera) sparsi per l’Italia

 affitti palazzi

Della vicenda della Camera fa parte del resto un elemento che può apparire secondario, ma non lo è, ovvero la perdita di lavoro dei dipendenti della società Milano 90 srl, 355, che prestano servizio nei palazzi affittati per gli uffici dei deputati. Vi è da prestare la massima attenzione, perchè questo argomento, la perdita dei posti di lavoro, in parte sarà usata come alibi per cercare di evitare altri risparmi e altre disdette di affitto da parte degli innumerevoli organi statali che le utilizzano, in parte costituiscono un problema reale, perchè è vero che quasi ogni spesa pubblica, anche la più smaccatamente inefficiente, produce posti di lavoro, e l’innata tendenza italica è qulla di guardare solo al breve periodo e solo alle conseguenze dirette di ogni fenomeno, non a un quadro ampio, e quindi l’acquisto o la perdita di posti di lavoro sono tra queste. Invece i benefici per l’occupazione, non immediati, non diretti, ma veri, di uno Stato che non spreca e può ridurre le imposte, non vengono percepiti in modo così reale.

Per questi motivi accanto a questi processi di riduzione delle spese e degli sprechi, e proprio in conseguenza di essi, a maggior ragione è necessaria la fase di riduzione di imposte, incentivo alla creazione di più posti di lavoro, proprio perchè i tagli siano più accettabili socialmente e politicamente.

L'autore: Gianni Balduzzi

Editorialista di Termometro Politico, esperto e appassionato di economia, cattolico- liberale, da sempre appassionato di politica ma senza mai prenderla troppo seriamente. "Mai troppo zelo", diceva il grande Talleyrand. Su Twitter è @Iannis2003
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