“L’esistenza stessa della Liberia è minacciata. La malattia che era stata identificata in alcuni villaggi remoti ha raggiunto le città, inclusa la capitale. Si sta propagando come un fuoco che sta divorando tutto sul suo passaggio”: è il messaggio drammatico che il ministro della Difesa di Monrovia, Brownie Samoukai, ha rilasciato davanti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, implorando l’aiuto della comunità internazionale.
“Le deboli strutture sanitarie del paese”, ha sottolineato il ministro, “sono superate dagli eventi. Per le prossime settimane, gli esperti hanno già avvertito che si teme un aumento esponenziale dei casi”. Il virus non risparmia nemmeno il personale sanitario, il che dimostra la sua aggressività anche a fronte di misure per contenerlo: almeno 80 membri del personale sanitario in Liberia sono morti a causa dell’epidemia.
Parole forti, drammatiche quelle del ministro. Un accorato appello lanciato per salvare un paese intero. Per di più un appello lanciato da uno dei principali palcoscenici del mondo, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Eppure la stampa europea e occidentale non ha ripreso questo appello.
Provo ad ipotizzare il perchè: le misure poste a protezione dei bianchi sono state prese (soppressione di voli o addirittura di tratte, visti bloccati, etc) e non si sono verificati casi di persone infette fuori dall’Africa. Dunque si tratta di un problema che si sta consumando in Africa e non minaccia i nostri sistemi sanitari.
Provo ad immaginare se all’Onu il ministro… tedesco, o britannico, o francese avesse detto che nel suo paese si erano verificati dieci casi di morte e ci fossero qualche decina di casi sospetti. Allora si che la stampa internazionale si sarebbe mobilitata. Allora sì che ebola diventava una emergenza mondiale.