Chi poteva aprire il primo Festival della Comunicazione di Camogli se un mostro sacro della materia qual è Umberto Eco? Ed eccolo affascinare la platea con una lectio magistralis sulla storia della comunicazione che parte da una semplice quanto complessa domanda: ma cosa vuol dire comunicare? La Storia ci insegna che per Sant’Agostino significava attivare nella mente di qualcuno l’idea che abbiamo noi nella nostra.
Ma non è così semplice come pare. In realtà comunicare significa trasferire volontariamente informazioni e come tale la comunicazione è stata studiata secondo un iniziale modello che presupponeva che il destinatario possa decodificare il messaggio, considerando anche che il canale con cui esso passa fosse componente puramente meccanica che non incideva sulla sua natura. Solo con lo sviluppo degli studi semiotici si sono messi in luce anche altri elementi (il contesto, la situazione, le competenze, il bagaglio di conoscenze e pregiudizi del destinatario); di lì gli studi sugli effetti boomerang della comunicazione di massa: con tale passaggio infatti il destinatario si frammenta in una comunità di milioni (oggi miliardi) di cui l’emittente non sa nulla se non caratteristiche generiche e le regole di comprensione del massaggio si complicano in una pragmatica attenta alla circostanza.
E nell’era 2.0 la questione non sembra trovare soluzione: l’attendibilità dell’emittente viene meno con l’avvento di internet, dello self publishing e della definitiva democratizzazione del gusto ma, allo stesso tempo, con l’avvento di Facebook e dei social masse di isolati sono state messe in comunicazione col mondo. Forse che sia tutto oro ciò che luccica? No. Nel chiacchiericcio on line, infatti, la quantità di messaggi a disposizione dei destinatari odierni è enorme, tale da eccedere le capacità di assorbimento delle persone: il risultato è una forma di assorbimento che sta portando all’inevitabile perdita della memoria del passato remoto ma ahimè anche prossimo. Dove andremo a finire? L’avventura della comunicazione ci riserva tante altre sorprese.
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Cosa aspettarsi dalla rete secondo il nerd Matteo Bordone
Libertè, egalitè, fraternitè? Macchè, Andrea Diprè! È quello che ci insegna Matteo Bordone nel suo intervento di Camogli. Con pc Ibm o con pc Macintosh, Bordone spiega la sua passione per “la rete”: da 4chan, piattaforma su cui poter postare stati e foto, a Tumbler, piattaforma di condivisione (soprattutto di foto porno), da Pinterest, la “noiosa Berna” usata per condividere fotografie, a Facebook e Twitter, i social network, o “socialini” come vuole Bordone, amplificano la libertà, l’uguaglianza e la fratellanza senza limiti, diventando così esantemi della società moderna. Da una parte, dunque, la noia, dall’altra il divertimento, l’abitudine e la novità, la sufficienza e l’innocenza che hanno partorito autorità quali Giuseppe Simone, Frank Matano, Gemma del Sud: la libertà assoluta, con l’uguaglianza e la fratellanza assoluta in rete portano ad Andrea Diprè.
Clara Amodeo