“È difficile capire come la situazione in Siria possa essere risolta senza che la Russia giochi un ruolo costruttivo”: queste non sono le parole di un membro del governo russo ma di uno studioso americano di nome Hardin Lang, esperto di “mantenimento della pace” presso il Center for American Progress, intervistato dall’agenzia di stampa Ria Novosti.
Usa e Russia hanno tutto l’interesse a sconfiggere l’Isis nel più breve tempo possibile e forse, se le due potenze dialogassero, lo Stato Islamico non avrebbe mai visto la luce. La storia, tuttavia, non si fa con i se. La realtà dei fatti è che soprattutto, ma non solo, la situazione in Ucraina ha reso qualsiasi tipo di collaborazione Usa-Russia sulla Siria, sull’Iraq una sfida difficoltosa. “Sarebbe molto difficile al momento condurre un discorso diplomatico lasciando le emozioni fuori dalla stanza” precisa Lang.
A conferma di ciò basta riportare le parole pronunciate venerdì da Alexander Grushko, inviato di Mosca presso la NATO: “Conosciamo la genesi dell’Isis: la situazione di oggi è per molti versi il risultato dell’operazione a guida americana del 2003 solo che la NATO non può ammetterlo”.
Per la Russia accusare Assad della rapida avanzata degli estremisti, cioè la versione di Obama, è un disonesto “scarica barile”. Insomma le percezioni di Mosca e Washington sul Medio Oriente sono lontane anni luce.
Detto questo, il piano del Pentagono che prevede raid aerei sulla Siria e sull’Iraq non poteva che incontrare la forte opposizione russa. Alexander Lukashevich, portavoce del ministero degli Esteri, ha risposto alle parole di Obama dicendo che “è essenziale combattere l’Isis nella totale osservanza della prassi del diritto internazionale, le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e dell’Onu in generale e con il pieno rispetto dell’integrità territoriale della Siria e Iraq”.
Facile prevedere un lungo muro contro muro a meno che non siano proprio le Nazioni Unite a farsi promotrici di un reconnection dal punto di vista strategico.