Entra in vigore oggi il Decreto Legge con il quale il Governo dichiara guerra alla lentezza della giustizia civile e promette di smaltire l’atavico arretrato che appesantisce giudici e tribunali e di rendere più efficiente e giusta l’intera macchina della giustizia.
Tanti ottimi propositi e molte soluzioni alcune delle quali – come è, d’altra parte, naturale – non hanno mancato di sollevare dubbi e perplessità.
C’è però, nelle pieghe del Decreto Legge, una norma che minaccia di azzerare – o quasi – la privacy di chiunque si ritrovi ad essere debitore di qualcun altro, consentendo al suo creditore, per il tramite degli ufficiali giudiziari, di accedere a tutte le informazioni di carattere tributario ed economico in possesso delle amministrazioni dello Stato.
Conti correnti bancari, rapporti di lavoro, case, automobili, moto e natanti, crediti ed ogni altro genere di rapporto finanziario già oggi a disposizione del fisco, da domani sarà a disposizione anche di qualsiasi creditore privato che, grazie ad un nuovo articolo introdotto nel codice di procedura civile, potrà chiedere al Presidente del Tribunale del luogo di residenza o domicilio del debitore di autorizzare l’ufficiale giudiziario competente ad effettuare una “ricerca con modalità telematiche” dei beni da pignorare ovvero di quelli destinati a diventare oggetto di esecuzione forzata.
Verificato che il creditore ha effettivamente diritto a procedere all’esecuzione, il Presidente del Tribunale potrà disporre che l’ufficiale giudiziario “acceda mediante collegamento telematico diretto ai dati contenuti nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni o alle quali le stesse possono accedere e, in particolare, nell’anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari, nel pubblico registro automobilistico e in quelle degli enti previdenziali, per l’acquisizione di tutte le informazioni rilevanti per l’individuazione di cose e crediti da sottoporre ad esecuzione, comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti”.
Il debitore – a prescindere dall’entità del debito – perderà ogni diritto alla privacy sui propri beni almeno agli occhi dell’ufficiale giudiziario e del suo creditore.
I suoi rapport finanziari e di lavoro, infatti, potranno essere passati al setaccio, uno per uno, in modo da consentire al creditore di individuare I beni sui quali ritiene più opportune procedure all’esecuzione.
E’ una delle tante disposizioni contenute nel Decreto Legge pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale che muove da un principio sacrosanto – in questo caso quello secondo il quale i debiti si pagano – passa per la costatazione di una situazione inaccettabile rappresentata da un sistema che consente ai debitori di “nascondere” agli occhi del creditore le proprie risorse privandolo così della possibilità di recuperare effettivamente quanto gli spetta ma, propone una soluzione, preoccupante che minaccia di tradire il necessario equilibrio e proporzionalità tra contrapposti diritti e di risultare un po’ troppo ispirata al machiavellico brocardo secondo il quale il fine giustificherebbe i mezzi.
Difficile, infatti – nonostante l’irresistibile tentazione di pensare che il Paese non si rialza fino a quando i troppi “furbetti” che lo popolano avranno vita facile – non porsi il problema che la cura sia peggiore del male perché finisce, nella sostanza, con il rendere trasparenti agli occhi di un soggetto privato – come un qualsiasi creditore – tutti i rapporti economici, finanziari e lavorativi di chiunque di noi si ritrovi debitore di un importo – alto o basso che sia – che, a torto o a ragione, ritiene di non dover pagare.
Guai a pensare di avere in tasca la soluzione ad un complicato problema di bilanciamento di contrapposti diritti ed interessi ma guai anche a negare che il problema esiste ed è rilevante perché i “debitori” italiani sono, purtroppo, un esercito di diversi milioni – e non tutti “furbetti” – e perché la loro privacy è un diritto fondamentale di ogni cittadino.
Si tratta, d’altra parte, di un problema che sembra essersi posto anche il Governo che, proprio per questo, ha inserito nel decreto legge una previsione che demanda al Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dell’interno e con il Ministro dell’economia e delle finanze e sentito il Garante per la protezione dei dati personali” il compito di individuare “i casi, i limiti e le modalità di esercizio della facoltà di accesso alle banche dati” in questione “nonché le modalità di trattamento e conservazione dei dati e le cautele a tutela della riservatezza dei debitori.”.
Curiosamente però, mentre la disposizione che rende trasparenti anche ai creditori tutti I rapporti finanziari, economici e lavorativi dei debitori è entrata in vigore oggi, il Decreto non fissa neppure un termine per il varo del Decreto che dovrebbe governare termini e modalità dell’operazione “privacy zero” per I debitori.
Che succederà, dunque, domain mattina? I creditori potranno chiedere di accedere a ogni genere di informazione relative ai loro debitori o resterà – come sarebbe probabilmente auspicabile – tutto congelato fino a quando non verranno dettati termini, limiti e modalità dell’accesso?