“La sfida alla sicurezza globale, portata avanti dall’Is, richiede l’affinamento degli strumenti, anche normativi, di prevenzione e di contrasto suddivisi per l’appunto in due piani: il primo che interessa le misure di prevenzione messe a punto dai singoli Stati e a livello europeo”. “Il secondo piano che riguarda, invece, l’azione penale, la specificità del reato”. Così il ministro dell’Interno Angelino Alfano, in una lettera al Corriere della Sera, riflette sui rischi del nuovo jihadismo e chiede di aggiornare le norme tenendo conto di questa nuova minaccia. “Le norme del codice penale, introdotte nel 2005 all’indomani degli attentati di Londra”, scrive Alfano, “puniscono le attività di arruolamento e addestramento al compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo, ma sembrano quantomeno implicare la sussistenza di un rapporto diretto”. Ma oggi “occorre che la partecipazione ad atti di violenza terroristica, e quindi anche lo stesso tentativo di parteciparvi, venga perseguita in maniera autonoma, cioè anche se appaia il frutto di scelte e comportamenti strettamente individuali”.
“Si tratta, insomma, di attualizzare il nostro armamentario normativo, aggiungendovi una nuova previsione che tenga conto dell’ evoluzione della minaccia. Un ulteriore affinamento per la prevenzione”, continua il ministro, “potrà riguardare l’articolo 4 del codice antimafia, secondo il quale le misure di prevenzione personale possono già essere applicate a coloro che siano indiziati di commettere reati con finalità di terrorismo o di porre in essere atti preparatori in tal senso. Tuttavia, la tipologia di pericolo che si vuole affrontare, guardando anche al fenomeno dei foreign fighters, richiede un ulteriore sforzo di tipizzazione, declinando anche a livello della normativa di prevenzione, questa figura particolare di aspirante combattente. Lo scopo è quello di neutralizzarne alla radice la pericolosità, applicandogli la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza che lo priverebbe di ogni capacità di nuocere”.