Domenica notte, mentre scorrevano i risultati delle elezioni in Svezia, il leader dei Democratici Svedesi Jimmie Åkesson affermava: “Non potranno non tener conto di noi se vorranno governare il paese”. I numeri sembrano dargli ragione: 12,9 per cento dei voti, terza forza politica in Svezia, 49 seggi parlamentari. Meglio delle previsioni. È l’estrema destra che avanza a Stoccolma.
“Ricordatevi che l’87 per cento degli svedesi non ha votato per loro. Non hanno alcun diritto di gestire il potere. Avremo un governo forte che non dipenderà da loro”: nelle parole del socialdemocratico Stefan Löfven, futuro primo ministro, c’è la risposta di una intera classe politica (destra e sinistra) che da quattro anni non ha intenzione di sedersi al tavolo con i Democratici Svedesi. Ma se l’obiettivo era di isolare il partito e fermarne l’avanzata, quell’obiettivo non è stato centrato.
I Democratici Svedesi nascono nel 1988 ma per anni sono rimasti nelle retrovie: solo ‘zero-virgola’ negli anni Novanta, qualche punto percentuale dopo. Nel 2010 cambia tutto. Il partito ottiene il 5,7 alle elezioni politiche ed entra per la prima volta in Parlamento. Da allora la crescita è stata costante.
Nel giro di quattro anni i Democratici Svedesi hanno più che raddoppiato il proprio elettorato togliendo voti soprattutto ai Moderati dell’ex premier Reinfeldt: un voto su tre arriva da lì. Hanno sedotto molti giovani (in particolare quelli che hanno votato per la prima volta) in un paese dove la disoccupazione giovanile viaggia da qualche anno tra il 20 e il 25 per cento: tre volte in più di quella generale.
I Democratici Svedesi sono oggi la terza formazione politica del paese e, al di là delle parole di Löfven, hanno davvero per le mani una grossa fetta di potere. “Le altre formazioni politiche cercheranno in ogni modo di continuare a tenere i Democratici Svedesi in una posizione isolata” ha spiegato l’analista politico Nick Aylott al The Local, “ma da adesso in poi questa sarà una vera sfida che metterà in difficoltà molti partiti”.
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Il programma dei Democratici Svedesi si basa su pochi concetti semplici: una politica più severa per l’immigrazione, un’azione più decisa contro il crimine, un welfare più generoso per gli svedesi, la Svezia fuori dall’Unione europea. Per Åkesson, i governi di Stoccolma – sia di destra che di sinistra – hanno condotto politiche irresponsabili sul fronte dell’immigrazione, preoccupandosi troppo degli stranieri e poco degli svedesi. Quest’anno Stoccolma si aspetta un flusso di rifugiati che toccherà quota 90.000: mai così tanti dalle guerre nell’ex Jugoslavia. Nessun altro partito in Svezia arriva a mettere in discussione così profondamente la tradizionale politica d’accoglienza del paese.
Risparmiare denaro riducendo il numero di immigrati nel paese consentirà a Stoccolma di avere più risorse da riversare nello stato sociale, hanno spesso ripetuto i Democratici Svedesi: la maggioranza dei quotidiani ha sottolineato però che queste promesse si basano su calcoli non sufficientemente accurati. Ma una certa dialettica va diffondendosi nel paese già da un po’. In Svezia del resto i gruppi d’ispirazione neonazista sono sempre più spavaldi e numerosi: puntano il dito contro l’Europa, contro gli immigrati, mescolano negazionismo e retorica anticapitalista. I forum di estrema destra fanno registrare contatti come non era mai accaduto.
Quella di domenica è anche una vittoria personale di Jimmie Åkesson, trentacinque anni, faccia da bravo ragazzo e una strategia politica che fino a oggi ha pagato. Åkesson ha speso gli ultimi quattro anni nel tentativo di ripulire l’immagine del partito non esitando a espellere molti membri in odore di estremismo – anche se simboli neonazisti e frasi xenofobe a volte riemergono.
Ma soprattutto Åkesson ha lavorato per strappare dalla schiena del Democratici Svedesi l’etichetta di fenomeno radicale e poco più che marginale, provando a dare ai suoi il profilo di forza nazionalista e responsabile. La stampa e l’establishment li considerano ancora estremisti, xenofobi e pericolosi. Sempre più svedesi la pensano diversamente. “Non possono ignorarci come hanno fatti nei quattro anni appena trascorsi” ha detto Åkesson domenica sera: “Dovranno essere in grado di governare il paese e sarà molto dura se non hanno intenzione di parlare con noi e ascoltarci. Non ci possono fermare”.
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