I diritti fondamentali nell’Era digitale in Francia. E in Italia?
441 pagine piene zeppe di riflessioni e considerazioni di carattere economico, sociale, tecnico e giuridico e 50 proposte di azioni a livello nazionale, europeo ed internazionale firmate dal Consiglio di Stato.
E’ così che la Francia si prepara ad affrontare la rivoluzione digitale con l’ambizione di fare in modo che i diritti fondamentali dei cittadini siano garantiti e, anzi, accresciuti nel nuovo contesto digitale.
Come ripensare concretamente la protezione dei diritti fondamentali davanti alla rivoluzione digitale? Come rafforzare i diritti dei singoli davanti al crescente utilizzo dei loro dati personali? Come ripensare il ruolo delle Autorità pubbliche nell’ecosistema digitale? Come trovare, in ambito internazionale, il miglior equilibrio possibile tra un mercato popolato da fornitori “globali” di beni e servizi e l’esigenza di garantire agli internauti il rispetto dei diritti del loro Paese ovvero di quello di destinazione dei servizi?
E’ attraverso le possibili risposte a queste e molte altre domande che si snoda lo Studio del Consiglio di Stato francese. Garantire a tutti gli individui il diritto ad una “autoderminazione informata” in materia di trattamento dei dati personali, riconoscere la neutralità della Rete come garanzia fondamentale della libertà di manifestazione del pensiero, della libertà d’impresa e di quella di associazione, introdurre nell’ordinamento una nuova class action per consentire alle associazioni di consumatori di tutelare più efficaciemente i diritti dei singoli in materia di tutela dei dati personali, ridefinire la disciplina antitrust nel settore dei media e promuovere forme di risoluzione alternativa delle controversie connesse alle “cose di Internet” per garantire agli utenti “giustizia”, rapida ed efficace.
E c’è, naturalmente, un ampio paragrafo dedicato alla questione del diritto all’oblio in merito alla quale il Consiglio di Stato non ha dubbi: Google – e gli altri motori di ricerca – non possono essere lasciati soli.
Servono delle linee guida capaci di orientare le decisioni in materia di disindicizzazione, è imprescindibile che l’autore di un contenuto – o chi lo ha pubblicato – sia posto in condizione di difenderne l’indicizzazione e serve un meccanismo che garantisca che quando un contenuto viene disindicizzato da un motore di ricerca, debba essere disindicizzato anche da tutti gli altri.
Sono queste e molte altre – cinquanta, in tutto – le proposte che il Consiglio di Stato ha appena sottoposto al Parlamento ed all’Esecutivo di Parigi nel tentativo di guidarli nel governo della Repubblica ai tempi di Internet.
Il fatto che il Consiglio di Stato francese abbia deciso di dedicare al tema dei diritti fondamentali ai tempi di Internet il suo studio annuale è sintomo evidente dell’attenzione e della sensibilità con la quale, oltralpe, si guarda a questioni che sono, in effetti, ormai divenute ineludibili.
Non c’è Stato al mondo che possa permettersi di rinunciare ad affrontarle in modo consapevole ed equilibrato senza correre il rischio di privare, negli anni a venire, i propri cittadini e le proprie imprese dei diritti fondamentali di cittadinanza digitale e, soprattutto, quello di ritrovarsi costretto ad accettare supinamente regole e principi stabiliti e, talvolta, imposti altrove.
Eppure, nel nostro Paese, con la sola eccezione della Commissione di Studio promossa dalla Presidenza della Camera dei Deputati per elaborare principi e linee guida in tema di garanzie, diritti e doveri per l’uso di Internet, nessuno sembra essersi seriamente posto il problema del futuro dei diritti fondamentali di cittadinanza digitale nell’era di Internet.
E’, purtroppo, uno dei tanti ritardi nell’attuazione dell’agenda digitale.
Preoccuparsi – cose che pure stiamo, ancora, facendo con calma e senza straordinaria determinazione – dell’infrastruttura di connettività, dell’amministrazione digitale, della digitalizzazione della giustizia e di altri singoli profili dell’agenda digitale senza prepararsi adeguatamente a governare le trasformazioni in atto attraverso la necessaria ridefinizione di alcuni principi di civiltà e di mercato, rischia di vanificare ogni sforzo, rendendo l’architettura del Paese digitale che verrà poco stabile ma, soprattutto, non costruita a misura di cittadino e nel rispetto dei suoi diritti fondamentali.
E’ urgente che il nostro Paese affronti le questioni esaminate nei mesi scorsi dal Consiglio di Stato di Parigi e assuma posizioni nette ed univoche su tali ineludibili questioni, orientando poi ogni attività di politica dell’innovazione e di digitalizzazione nella medesima direzione.