Si sono chiuse alle 19 le primarie online del M5S in Emilia Romagna. L’elettorato grillino è stato chiamato alle “urne virtuali”, dove ha selezionato i nomi che concorreranno per le cariche di presidente e di consigliere regionale in occasione delle elezioni del 23 novembre, consultazioni che si terranno in via anticipata rispetto ai tempi previsti a causa delle dimissioni del governatore uscente Vasco Errani, il quale ha abbandonato la carica lo scorso 8 luglio in seguito alla condanna a un anno e mezzo di reclusione per falso ideologico. Pertanto, in base alla clausola del simul stabunt simul cadent, l’intero consiglio regionale cessa le sue funzioni.
Quella che ha visto Errani come protagonista, è stata in realtà soltanto una delle tante vicende giudiziarie che hanno accompagnato negli ultimi anni l‘istituzione regionale emiliana. Ed è proprio a causa di un altro caso giudiziario che sono emersi contrasti e tensioni anche in casa M5S. A finire sul banco degli imputati (in tutti i sensi) è Andrea Defranceschi, capogruppo e unico rappresentante del M5S in Consiglio regionale, dopo l’espulsione dal movimento – a fine 2012 – di Giovanni Favia, che poi si candidò alle politiche con Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia.
Defranceschi, insieme a tutti gli altri capigruppo del Consiglio regionale, sarebbe iscritto al registro degli indagati per peculato; tuttavia, ci riserviamo il condizionale poiché non c’è ancora l’ufficialità della notizia e lo stesso interessato ha più volte giurato di non aver ricevuto alcun avviso di garanzia. Si tratta, in sostanza, della stessa faccenda delle “spese pazze” che ha imbarazzato anche il potente Pd emiliano, costringendo Matteo Richetti a ritirare la candidatura a presidente, mentre il collega Stefano Bonaccini (anch’egli indagato) sembra deciso ad andare avanti, nonostante le pressioni della base e il lieve malore che lo ha colpito domenica, forse dovuto all’eccessivo stress degli ultimi giorni.
In base al rigido regolamento delle primarie online, che impedisce a condannati e indagati di far parte delle liste elettorali pentastellate, l’autocandidatura di Defranceschi è stata respinta, nonostante l’appello che lo stesso consigliere regionale aveva lanciato a Beppe Grillo, chiedendo di eliminare la norma “anti-inquisiti”, adducendo a sua discolpa l’equivoca circostanza in cui egli si era venuto a trovare. Defranceschi, tra l’altro, era stato già protagonista di una vicenda analoga, quando qualche mese fa venne sospeso dal Movimento per un’accusa di peculato poi ritirata.
La decisione di escludere la candidatura di Defranceschi ha suscitato ferventi polemiche tra le diverse anime del movimento. Sono intervenute, per prendere le difese del capogruppo uscente, tre figure di spicco del M5S emiliano: Elisa Bulgarelli, Giulia Sarti e Federico Pizzarotti, rispettivamente senatrice, deputata e sindaco di Parma. Quest’ultimo ha dichiarato: “Un conto è essere indagato, un conto è essere all’interno di un processo. Visto il valore dimostrato in questi cinque anni non possiamo perderlo per una norma uscita adesso”. Da parte dell’ala pro-Defranceschi, affiora il sospetto che la clausola che respinge la candidatura di soggetti indagati sia in realtà una norma “ad personam”, appositamente inserita per bloccare Defranceschi stesso. Il quale, come detto, è l’unico rappresentante uscente in Regione; lo ricorda a Repubblica anche l’altra senatrice bolognese Michela Montevecchi (“Andrea era l’unico che aveva l’esperienza dei lavori in un’aula consiliare”, abbiamo perso una nave scuola preziosissima”).
Il Movimento Cinque Stelle, dunque, si trova di fronte ad affrontare un’altra grana, proprio in quello che sembrava il momento ideale per approfittare della debolezza di un Pd nel pieno di un travaglio interno da un lato, e di un centrodestra privo di stimoli – che considera l’Emilia Romagna persa in partenza – dall’altro. La ex regione rossa per eccellenza, si è sempre dimostrata come una sorta di Giano bifronte per il M5S. Qui, infatti, i grillini hanno conquistato i primi consiglieri regionali e il primo sindaco di un comune capoluogo. Sempre in terra emiliana, però, allo stesso tempo sono spesso emersi dissapori e contrasti poi sfociati in fratture, con conseguenti epurazioni di consiglieri regionali e comunali (la più nota fu Federica Salsi a Bologna, rea di aver partecipato ad una puntata di Ballarò, ma espulsioni si sono verificate anche a Parma, Modena e Ferrara) non considerati fedeli alla linea. E in seguito agli avvenimenti delle ultime ore, è tutt’altro che improbabile il consumarsi, in tempi brevi, di ulteriori defezioni.