Giornata intensa quella di ieri per il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Dopo il discorso in Parlamento sullo stato del governo, il segretario del Pd si è recato nella sede del Nazareno per presentare la nuova squadra di partito. Poche le novità, che riguardano soprattutto la componente femminile, maggioritaria rispetto agli uomini: 8 contro 7. Applicate quindi le quote in pieno stile renziano, il premier ha detto ai suoi: “Il 41% delle elezioni europee impone di non fare da soli, è fondamentale portare avanti quanto abbiamo promesso altrimenti – ha rimarcato – il 41% cambia idea con la stessa velocità con cui fa zapping davanti alla tv. E’un consenso non dato per sempre ma volubile e non possiamo permetterci che se ne vada. Nessuno può pensare che quel consenso non nasca da una storia condivisa”. Un appello di unità rivolto anzitutto alla sinistra Pd, che sembra non abbia più un leader condiviso. Eppure la minoranza dem non si sgretola di fronte alla riforma del Senato e al Jobs act (leggi in merito le ultime dichiarazioni di Stefano Fassina). Mentre il dissidente Pippo Civati non ha ancora dato il suo giudizio sulle nuove nomine al Nazareno, ma l’assenza di civatiani nella squadra di Renzi e la loro fuoriuscita dal Pd bolognese – sede della Festa dell’Unità nazionale – apre all’ipotesi scissione.
COMPITI E COMPONENTI DELLA SEGRETERIA “UNITARIA” – Come da pronostico, sono stati confermati i vicesegretari Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani, “gli Albano e Romina del Pd”, ha scherzato Renzi. Mentre i 15 che coadiuveranno l’ex sindaco sono: Giorgio Tonini, Filippo Taddei, Enzo Amendola, Andrea De Maria, Emanuele Fiano, Davide Ermini, Ernesto Carbone, Stefania Covello, Chiara Braga, Micaela Campana, Valentina Paris, Alessia Rotta, Lorenza Bonaccorsi, Sabrina Capozzolo, Francesca Puglisi. L’esponente della minoranza Gianni Cuperlo ha parlato di segreteria “plurale più che unitaria”, marcando nuovamente la distanza dal leader democrat. Dunque l’ascia di guerra non è stata ancora sotterrata, anche perché la rappresentanza dalemian-bersaniana è troppo risicata rispetto ai fasti del passato: Amendola, Campana, De Maria e Parisi sono i quattro ambasciatori dell’ala sinistra. Il tentativo di riconciliazione sembra essere sostanzialmente fallito. Ricordiamo che la Segreteria nazionale è regolata dall’articolo 7 dello Statuto del Partito Democratico, che recita al comma 1: “La S.n. è l’organo collegiale che collabora con il Segretario ed ha funzioni esecutive”. Si tratta di una vera e propria squadra di governo in piccola scala. E anche in questo caso Renzi ha tenuto fuori eventuali ‘fastidi’.
IL PD È SPACCATO SULLA RIFORMA DEL LAVORO – Il primo tema sul tavolo della nuova segreteria sarà appunto il Jobs act. Renzi ha messo pressione ai suoi, invitandoli a formulare eventuali modifiche al ddl in tutta fretta: “Il Pd deve accompagnare questa prima fase di riforme con una serie di approfondimenti – ha affermato –: la minoranza ha chiesto che su Jobs act e Legge di Stabilità si convochi una direzione straordinaria. A me pare una buona idea, e dunque organizziamola tra il 29 di settembre e il 3 ottobre”. Ma “si discuta una volta per tutte sull’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori”. L’offerta di Renzi è soltanto uno specchietto per le allodole: troppo stretti i tempi per un dibattito conciliatorio e non-ostruzionistico sul tema, ma è chiaro come il politico fiorentino abbia avanzato un’altra proposta sottintesa. Ciò che il presidente-segretario ha presentato è uno scambio ‘in famiglia’ tra la sua area e la (folta) minoranza Pd presente in Parlamento, eredità del suo predecessore. Alla fine sarà scontro tra il ministro Giuliano Poletti e il presidente della Commissione Lavoro a Montecitorio Cesare Damiano. Ed è qui che Forza Italia potrebbe ritornare di nuovo utile. Come sponda di governo.