Forse, dopo l’annuncio di Obama dell’invio di tremila militari americani in Liberia, Sierra Leone e Guinea per tentare di fermare Ebola, l’opinione pubblica mondiale e i media internazionali si occuperanno un po’ di più di questa notizia che non riesce a tenere il passo di altre questioni mondiali come la lotta all’Isis, la crisi ucraina, il referendum in Scozia.
Naturalmente tutti hanno messo l’accento sull’invio dei soldati, come fosse una operazione militare alla stregua dell’intervento in Iraq, in Afghanistan, in Somalia, in Centrafrica, etc. In realtà Obama ha annunciato ben altro: tremila soldati, certo. Ma anche ingegneri, medici, logisti, infettivologi, più un grosso numero di tende ospedali da cento posti dove creare reparti di isolamento, dove poter operare con sterilità, dove poter proteggere gli operatori sanitari.
Photo by Army medicine – CC BY 2.0
I militari sono necessari non per fare la guerra, ma perché queste attrezzature, e i farmaci che conterranno, andranno difese (in Liberia è stato attaccato con armi un ospedale per liberare i malati messi in isolamento). E poi per proteggere le zone che verranno messe in quarantena. Isolamento, quarantena, blocco dei contagi sono infatti l’unica strategia vincente contro una epidemia che ha raggiunto questi livelli.
Questa strategia, molto più che un vaccino o un trattamento farmacologico post infezione, è l’unica che si può rivelare efficace in Africa dove anche la distribuzione di un eventuale vaccino o di medicine è difficile.
Forse adesso anche gli altri paesi si muoveranno. Finora infatti il mondo occidentale si è attivato per evitare il dilagare del contagio fuori dall’Africa che mancava delle cose più basilare: guanti a perdere, tute per evitare il contagio, medici, infermieri, reparti adatti all’isolamento, fuoristrada per raggiungere villaggi remoti dove poter sensibilizzare e preparare la popolazione ad evitare il contagio.
Nel vuoto totale di aiuti utili a fermare Ebola si sono distinti due soggetti molto diversi tra loro ma che vanno segnalati. Uno è la “Bill and Melinda Gates Foundation” che ha messo a disposizione 50 milioni di dollari e Cuba che non ha denaro ma ha predisposto l’invio di 165 medici e operatori sanitari nei paesi colpiti. Ora si attende il resto del mondo.