Festival filosofia 2014, una gloria da ereditare.
Giunto alla sua quattordicesima edizione, il Festival filosofia 2014 da venerdì 12 a domenica 14 settembre ha coinvolto le città di Modena, Carpi e Sassuolo in una intensa tre giorni all’insegna della “gloria”, tema di quest’anno.
Nato nel 2001 con trentamila presenze, è arrivato a superare le 200 mila negli ultimi anni. Questa volta ha segnato, per la precisione, 208 mila partecipanti, poco meno dei 218 mila dello scorsa edizione record dedicata all’amore, ma comunque un numero che conferma un’elevata partecipazione di pubblico proveniente da ogni parte d’Italia.
Circa duecento iniziative gratuite, tra conferenze e appuntamenti collaterali di ogni tipo, dai concerti ai laboratori artistici, passando per mostre, presentazioni di film, visite guidate, cene filosofiche e tanti altri eventi che si sono svolti in contemporanea nelle tre città. Le lezioni hanno visto la partecipazione di 90.000 persone, con una media di quasi 1.800 a conferenza, mentre il programma creativo nel complesso ha totalizzato oltre 117.000 visite, di cui 56.000 per mostre e installazioni dislocate nei tre paesi emiliani; quelle della Fondazione Fotografia allestite presso il Foro Boario di Modena hanno avuto nei tre giorni un’affluenza che si attesta di circa 37.000 visitatori.
Venendo alle conferenze – divise tra ‘lezioni magistrali’ e ‘lezioni dei classici’, queste ultime maggiormente legate ai testi – qui ogni relatore ha indagato, secondo la propria prospettiva, le varie declinazioni di questo ‘glorioso’ filo conduttore del Festival filosofia.
Tra gli interventi cui abbiamo potuto assistere, di grande interesse è stato quello di Remo Bodei, che ha focalizzato il riconoscimento tra servitù e signoria, figura chiave della Fenomenologia dello Spirito di Hegel, mostrando come la vera gloria stia nella lotta dell’uomo per una vita migliore, che necessita di coraggio per passare da una condizione di sudditanza a una di libertà, e non in un’effimera cele(b)rità.
L’antropologo francese Marc Augé – anch’egli, con Bodei, nel Comitato scientifico del Festival filosofia – è partito invece da quel ‘lasciare il segno’, per esempio in un libro di storia o in un’antologia di letteratura, che può permettere all’autore di sopravvivere all’oblio della morte. “L’aspirazione alla gloria – sostiene Augé, parlando in italiano, con accento d’Oltralpe – non può concretizzarsi senza la scrittura e ha bisogno degli storici o dei memorialisti”.
Dal canto suo Emanuele Severino, veterano del Festival nonché autore di un volume intitolato appunto “La Gloria”, ha proposto un percorso ontologico tra essere e nulla, tra tempo e destino, che ha ricamato heideggerianamente attorno a quell’“intento di perdurare il più possibile nella visibilità”, come lui ha definito la gloria.
Carlo Varotti ha approfondito il “Dialogo del reggimento di Firenze” del Guicciardini, in cui si discute della costituzione più giusta per la Signoria medicea, sostenendo un modello ‘misto’, fondato sulla ‘gloria’ aristocratico-borghese, in polemica con Machiavelli. Varotti ha mostrato osservazioni puntuali e specifiche sul testo, riuscendo al contempo a mantenere un tono divulgativo che lo ha fatto apprezzare dal pubblico. Un intervento di carattere politico-filosofico, anche se con gli occhi rivolti verso la contemporaneità, è stato anche quello del politologo Carlo Galli, che ha parlato di élite e democrazia.
Di carattere più filologico la lezione di Enrico Berti, che ha analizzato il concetto di gloria con un breve excursus storico, facendo emergere la posizione aristotelica esposta nell’Etica a Nicomaco e inserendola nel panorama del significato di gloria nell’età classica.
Il teologo Piero Coda ha invece messo in luce come, con Ireneo da Lione, la gloria di Dio sia “l’uomo che vive”, e la vita dell’uomo sia la visione di Dio, o meglio, delle sue “spalle”. In altre parole, seguire la via da Lui tracciata. Monsignor Coda ha pertanto mostrato con opportuni riferimenti biblici l’affinità tra ‘peso’ e ‘gloria’ – si dice infatti che una persona gloriosa abbia un certo ‘peso’ – entrambi derivanti dalla radice ebraica kbd. La manifestazione della gloria di Dio sarebbe perciò in intima relazione con la sua assunzione del peso della schiavitù: un Dio che paradossalmente si abbassa per accompagnare il suo popolo verso la liberazione e la salvezza.
Se Roberta De Monticelli ha invocato il ritorno di una concezione morale di ‘rispetto’ – nei confronti dell’ambiente, della cultura e delle persone – con tutta la sua carica ‘ideale’ che si contrapporrebbe all’indifferenza del realismo politico, Carlo Sini ha mostrato come tutto quanto ci circonda sia assoggettato ad un “potere invisibile” che ogni cosa dissolve – e non si tratta dei “poteri forti, quelli sono visibilissimi”, a detta di Sini, ma sarebbero anche il risultato delle nostre azioni: “ieri lì c’era una gelateria, oggi non c’è più, e presto ce la dimenticheremo” – sottolineando quindi il carattere di transitorietà e di impermanenza di tutte le glorie che però, nelle loro contraddizioni interne, aprono la possibilità di costruirne di nuove.
Grande affluenza di pubblico soprattutto per le lezioni modenesi di Alessandro Baricco e Gustavo Zagrebelsky, seguite da oltre 5.500 persone ciascuno, per quella di Zygmunt Bauman a Sassuolo, che ha visto 5.000 presenze, idem per Umberto Galimberti a Carpi, dove però ad aver fatto il pienone è stato Alessandro Bergonzoni, che ha richiamato seimila partecipanti.
Tullio Gregory, membro del Comitato scientifico del Consorzio per il Festival filosofia, ha osservato che il segnale più significativo è soprattutto la qualità del pubblico, con “centinaia di ragazzi e studenti seduti nelle piazze che prendono appunti volontariamente e seguono con attenzione le lezioni dei filosofi”. In piazza, sotto il sole a picco dal quale ci si provava a riparare con improvvisati berretti di carta costruiti – forse pura coincidenza, forse no – con alcune copie de “Il Sole 24 Ore” offerte dall’organizzazione, abbiamo intervistato alcuni ragazzi.
Filippo, universitario bolognese del corso di laurea magistrale, racconta a Termometro Politico che è tornato per la terza volta al Festival filosofia: “Rispetto alle edizioni precedenti ho notato, al netto di una struttura organizzativa sostanzialmente invariata, un incremento delle attività, dei servizi e delle iniziative esterne ai cicli di conferenze. Il tenore degli interventi è rimasto lo stesso e si è mantenuto su un analogo standard di modalità espressive, adatte a un pubblico non necessariamente specialistico, anzi, del tutto eterogeneo, e, a mio parere sempre più vasto”.
Sempre più partecipanti? “A prima vista pare che il Festival col tempo attiri sempre più persone anche da luoghi distanti dalle tre cittadine emiliane in cui si svolge, di pari passo con l’accrescersi della sua notorietà. Eventi di questo tipo dovrebbero trovare maggior diffusione ed essere incentivati con più forza dagli enti locali”.
C’è quindi un’esigenza di filosofare? “Sì, perché la gente, soprattutto in questi tempi critici ed estremamente problematici, ha bisogno di re-incontrare la filosofia, di stanarla dalle roccaforti accademiche in cui si concentra abitualmente, di accoglierne ancora i punti alti nel dialogo tanto interiore quanto comunitario, mediato dall’esperienza dei più grandi maestri e autori del pensiero del nostro tempo”.
Alessandro, invece, studente ventunenne di origini umbre, ci dice che è la seconda volta che vi partecipa: “Quest’anno le lezioni sono state più interessanti rispetto alla scorsa edizione, anche se forse il livello è un po’ basso per uno studente universitario di filosofia. Ciò non è a mio avviso un limite se si riesce a far arrivare a tutti, con un linguaggio comprensibile, concetti di buon livello. È proprio grazie a questa sua anima pop che il Festival riesce ad attrarre anche belle signore radical chic e uomini di mondo che vedono nella filosofia un bell’ornamento, al pari della collezione Adelphi che l’arredatore gli ha comprato in stock per la libreria del salotto … ”.
Ora che abbiamo offerto uno spazio di gloria a ciascuno – sarebbe stato però impossibile garantirlo a tutti, in assenza del dono dell’ubiquità e dello spazio limitato di questo articolo – si può già guardare in avanti verso la quindicesima edizione del Festival filosofia, che si terrà tra l’11 e il 13 settembre 2015 e avrà come tema l’‘ereditare’. Il professor Bodei ha puntualizzato che, dopo aver valutato altre parole, la scelta è caduta sull’ereditare, che innanzitutto è un verbo e, oltre a ciò, permette di evidenziare il “passaggio dal presente al futuro”.
Un tema, seppur “sottotraccia”, che è sicuramente “di grande ampiezza, che ben rappresenta timori e speranze delle generazioni future”, come afferma la direttrice Michelina Borsari, che rassicura: anche il prossimo Festival filosofia resterà gratis. “Abbiamo fatto analisi e il biglietto ci porterebbe molti svantaggi, inoltre sarebbero penalizzati i giovani. Non vogliamo un Festival meno festoso”.
Nonostante ciò, le stime parlano di un impatto economico di circa 3 milioni di euro per le tre città, tra libri, menù filosofici e merchandising, a fronte di un budget degli organizzatori pari a 850.000 €: per ogni euro stanziato, ne ritornano all’economia locale quasi 3,5. L’indagine evidenzia che nel pubblico vi è una prevalenza femminile (62%) e un’età media di 44 anni; quasi il 60% possiede una laurea, anche se più di un partecipante su sei non ha mai studiato filosofia e il 30% di chi l’ha studiata ne ha solo un’infarinatura liceale. Riguardo la provenienza, la metà viene da Modena e provincia, uno su cinque dalle restanti province dell’Emilia-Romagna e un altro quinto da regioni del Nord Italia, meno del 15% viene dal Centro/Sud Italia. Presenze molto fedeli, perché tre su quattro hanno già partecipato negli anni scorsi al Festival filosofia, con una media di 4,6 edizioni e 6 conferenze seguite per ciascuna di esse.
Qualche neo? “La viabilità di collegamento tra Modena, Carpi e Sassuolo” – questione rilevata anche dalla stessa direttrice, considerando anche che il trasporto pubblico, soprattutto la domenica, non era stato coordinato né potenziato per l’occorrenza – “ma il problema non lo risolve il Consorzio. Vogliamo invece agire di più sul fronte della domenica, perché nella serata ho visto alcune attività e luoghi chiusi forse troppo presto rispetto agli orari. Capisco la fatica e la stanchezza di tutti a fine manifestazione”.