Il giorno è oggi. La campagna elettorale è finita. Si vota e poi si conteranno le schede. La Scozia sceglie il suo destino attraverso un referendum. Una semplice domanda: “Should Scotland be an independent country?”, vale a dire ‘La Scozia dovrebbe essere una nazione indipendente?’
Per i sostenitori dell’indipendenza l’atmosfera che si è respirata nel paese in queste settimane è stata straordinaria, l’impegno enorme, il coinvolgimento entusiasmante: il referendum di oggi è l’appuntamento più importante nella storia del paese. Su questo non ci sono dubbi, visto che il risultato potrebbe cambiare completamente la storia della Scozia e del Regno Unito.
Si vota dalle 8 (ora italiana) alle 23. Sono 2.600 i seggi allestiti nel paese. È prevista un’affluenza intorno all’80 per cento. I risultati dovrebbero essere diffusi già nelle prime ore di domani mattina. Gli ultimi sondaggi danno avanti il fronte contrario all’indipendenza, ma sarà un testa a testa. Sono tanti gli elementi che condizioneranno la scelta degli scozzesi.
C’è anzitutto l’economia. La campagna per l’indipendenza ha battuto tanto su questo tasto: in caso di vittoria, la Scozia potrà avere un futuro più prospero e più equo. La chiave è l’oro nero dei Mari del Nord. Circa il 90 per cento del petrolio del Regno Unito viene da acque scozzesi: è soprattutto con questa ricchezza che il fronte dell’indipendenza intende finanziare il generoso stato sociale promesso in caso di vittoria del sì. Molti analisti però sono più cauti e sostengono che le cose potrebbero prendere una piega diversa. C’è poi chi ricorda che fare previsioni sul petrolio è materia delicata: i prezzi fluttuano e conoscere l’esatta quantità delle riserve ancora a disposizione è impossibile.
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Gli unionisti avvertono inoltre che in caso di vittoria del sì la Scozia indipendente dovrà fare domanda di ingresso nell’Ue, dovrà fare a meno della sterlina, perderà grandi istituti finanziari: in poche parole metterà a repentaglio il proprio futuro economico. Dall’altra parte le opinioni sono opposte. I mesi che seguiranno al referendum e che condurranno alla separazione vera e propria dal Regno Unito serviranno per avere un distacco disciplinato in ogni suo punto: ci sarà tempo di affrontare ogni problema, e risolverlo.
C’è poi la politica. La Scozia è tradizionalmente un bacino di voti per il Partito Laburista. Chi sostiene l’indipendenza afferma che a Edimburgo sono stufi di essere guidati da governi che non hanno scelto – governi conservatori, per essere chiari. È così da anni, da decenni: la Scozia che vota oggi vota anche per dire sì o no al modello di sviluppo di Londra, alla ruolo di primo piano della finanza, a una società dove lo stato sociale assume un ruolo secondario, a un governo percepito come lontano: geograficamente e soprattutto politicamente.
Ma c’è anche l’identità. Quello scozzese è un popolo orgoglioso, con una lunga storia alle sue spalle. È un popolo che negli ultimi anni ha visto riemergere la fierezza della propria cultura, della propria identità. Conterà anche questo. I ‘nuovi scozzesi’ (vale a dire gente che vive in Scozia ma che ha radici altrove) sostengono la causa indipendentista. Gli adolescenti (si vota dai sedici anni in su) sembrano orientati a scegliere il no. Chi è cresciuto negli anni ’90 al contrario è sedotto dall’idea di una Scozia indipendente.
Ma sono anche altri motivi che influenzeranno la scelta di oggi, a partire da quello che ha sottolineato sul New York Times Alan Cumming, sostenitore dell’indipendenza: “Gli scozzesi sentono di essere stati maltrattati troppo a lungo anche da istituzioni come la BBC e il governo di Westminster”. È la stessa accusa fatta qualche giorno fa da Alex Salmond, leader degli indipendentisti: la BBC fornisce solo un’informazione di parte e sostiene il fronte del no. La campagna ‘Yes Scotland’ ha lasciato nella mente degli scozzesi un messaggio affascinante: terremo del Regno Unito ciò che ci piace e ci libereremo di ciò che non ci piace.
Oggi del resto conteranno molto anche le emozioni. I sostenitori del no hanno incentrato la loro campagna sulla paura, su ciò che Edimburgo perderà in caso di indipendenza. La frase simbolo è stata ‘salto nel buio’. È stato dato poco risalto al perché Edimburgo dovrebbe votare per restare nel Regno Unito: un controsenso, per una campagna intitolata ‘Better together’, ‘meglio insieme’. Non è stata una strategia efficace. Alistair Darling, leader del fronte del no, è stato descritto spesso dalla stampa britannica con un aggettivo: ‘grigio’. Dall’altra parte c’è il volto sorridente di Alex Salmond, vincitore a prescindere dal risultato di oggi, carismatico ed efficace a tal punto da vincere i dibattiti televisivi. La campagna ‘Yes Scotland’ ha proposto un sogno: un futuro diverso fatto di ricchezza ed equità. Che sia vero o no conta quasi poco: Salmond ha emozionato ed è riuscito a portate il fronte dell’indipendenza a giocarsela voto su voto.
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