Precarietà e instabilità politica accendono gli animi dei giovani tunisini
La polizia tunisina ha arrestato centinaia di persone durante le proteste notturne avvenute in numerose città del paese, fra cui la capitale Tunisi. Secondo il portavoce del Ministero dell’Interno, la maggior parte dei 632 manifestanti finiti dietro le sbarre sono giovani di età compresa fra i 15 e i 25 anni. Essi sono accusati di aver vandalizzato banche e negozi, oltre ad aver preso d’assalto varie sedi istituzionali.
I manifestanti sono scesi in strada violando il coprifuoco imposto dal governo per limitare la diffusione del virus. Tale misura restrittiva è stata però giudicata da molti come un tentativo per bloccare le annunciate proteste.
Gli scontri avvengono nei giorni in cui si celebrano i dieci anni dallo scoppio della “Rivoluzione dei Gelsomini”, il movimento di contestazione che ha portato alle destituzione del presidente Ben Ali, dando avvio alle Primavere Arabe.
Lo spettro della bancarotta e l’instabilità politica
Nonostante nella precedente decade la Tunisia abbia intrapreso un graduale processo di democratizzazione, il paese sta attraversando una pesantissima crisi economica e sociale. A scatenare il malcontento popolare è soprattutto l’inefficienza della classe politica, incapace di governare in modo coerente e di dare risposte ai tanti problemi quotidiani.
Nel solo 2020 il PIL è calato del 9,1% ed il tasso di disoccupazione giovanile ha toccato il 36,51%. La pandemia ha colpito duramente il paese: fino ad oggi si sono registrati oltre 180mila casi e le vittime hanno superato le 5.600 unità. Il virus ha indebolito la fragile economia tunisina, mettendo in ginocchio un settore chiave come il turismo, già pesantemente danneggiato dagli attacchi terroristici del 2015.
Le contestazioni di questi giorni giungono inoltre in un momento di incertezza istituzionale. Sabato il primo ministro Hichem Mechichi ha annunciato un rimpasto di governo, sostituendo i ministri dell’Interno, dell’Energia e della Giustizia. Il premier in carica dal 2 settembre scorso deve tuttavia fare i conti con l’ostilità del presidente Kaïs Saïed, che nei mesi scorsi non ha mancato di allinearsi con l’opposizione.