Confindustria scende in campo per il Jobs act. La più importante riforma del mercato del lavoro italiano ha infatti ottenuto il placet di Giorgio Squinzi. Il numero uno di viale dell’Astronomia non accetta i diktat della Cgil: “Gli imprenditori non si divertono a licenziare – ha detto – è un mantra da smontare. Forse è un freno più mediatico che di sostanza, ma l’opinione prevalente tra gli imprenditori è: come fai a investire in un paese dove se assumi è per la vita?”. Nell’ambito della presentazione del Cersaie, il salone internazionale della ceramica, Squinzi ha quindi ribadito: “Serve una riflessione più profonda sul mercato del lavoro, come ad esempio la creazione di un contratto a tempo indeterminato conveniente per tutti”.
BOSCHI E TADDEI CONTRO L’ALA SINISTRA DEL PD – Intanto lo scontro in casa Pd divampa sempre di più. Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi ha lanciato un appello all’unità che sa di ultimatum: “Ci possono essere discussioni sull’articolo 18, ma poi si marcia tutti compatti”, ha detto la fedelissima di Renzi, che ha anche parlato dell’importanza della “fedeltà alla ditta” per uscire a risolvere positivamente le divergenze. Mentre il responsabile dell’Economia Filippo Taddei ha teso una mano alla minoranza dem: “In questo momento noi vogliamo raccogliere le proposte e i punti di vista e poi ci sarà una sintesi, che pensiamo sia alta – ha precisato –. Ma con un obiettivo molto chiaro: il mercato del lavoro italiano, così come è discriminante, iniquo e inefficiente oggi non ci dovrà più essere. Quindi se noi riusciamo a realizzare questo possiamo essere disposti a tutto”.
LE RISPOSTE DI FASSINA E DAMIANO – Il leader dei Giovani Turchi Stefano Fassina ha commentato in 140 caratteri le dichiarazioni di Boschi e Taddei: “Sacconi e Forza Italia cheerleaders del Jobs act. Sono diventati di sinistra o Pd segue la destra?”. Una reazione meno contenuta è arrivata anche dall’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, che non intende arrendersi alla maggioranza del suo partito: “Condivido l’idea di Renzi secondo la quale bisogna avere diritti universali senza distinzioni – ha ammesso –. Non vedo allora perché dovremmo avere – per quanto riguarda la questione dell’articolo 18 – due regimi, uno riservato alla vecchia generazione che mantiene l’attuale normativa e l’altro, più debole, di serie b, riservato ai giovani che in caso di licenziamento ingiusto avrebbero un semplice risarcimento monetario”. Lo scontro è appena iniziato e a buttar benzina sul fuoco ci hanno pensato l’alleato di governo Maurizio Sacconi (Ncd) e Renato Brunetta (FI): il primo ha giudicato “inaccettabile” l’ipotesi avanzata da settori del Pd e del sindacato di un contratto a due fasi; dello stesso parere il capogruppo forzista alla Camera, che si è detto “pronto a sostenere” il Jobs act.