Situazione a dir poco paradossale per Matteo Renzi; dopo i duri scontri con la minoranza del PD e sindacati per le riforme che questo governo intende varare in materia di lavoro e soprattutto per la criticatissima posizione dell’ex sindaco di Firenze in merito all’abolizione dell’art. 18, il premier sembra ottenere un appoggio sempre maggiore da parte degli storici nemici della sinistra italiana, tra cui spicca il nome di Alessandro Sallusti, direttore del quotidiano Il Giornale di proprietà di Silvio Berlusconi.
Nell’editoriale di oggi Sallusti enuncia la sua tesi in merito alle difficoltà incontrate dal premier nel suo programma di riforme, imputando ai critici di Renzi il rischio di un possibile futuro stallo nel cammino del governo. Per Sallusti infatti vi sarebbero molti prestigiosi sostenitori della “rivoluzione” che Renzi vorrebbe attuare con le sue riforme, da Napolitano a Mario Draghi, per arrivare infine a Berlusconi: “Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, dice: sul lavoro serve una rivoluzione. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, dall’America, più o meno alla stessa ora, ha detto: sul lavoro serve una rivoluzione. Poco prima, il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, aveva detto, rivolto all’Italia: se non fate una rivoluzione subito siete morti. Il capo dell’opposizione, Silvio Berlusconi, da vent’anni dice che bisogna rivoluzionare il mondo del lavoro.”
Partendo da questa premessa, Sallusti si domanda per quale motivo la tanto attesa rivoluzione stia ancora latitando in Italia, e la risposta per il direttore del giornale è molto semplice e banale: la rivoluzione sarebbe ostracizzata da un mero sentimento di “vendetta” dei critici del premier, che vengono definiti una “compagnia di giro di perdenti” e composti dalla minoranza PD, Susanna Camusso, Nichi Vendola e dallo storico, ideatore della campagna elettorale di Bersani, Gotor e che nell’articolo del direttore vengono ridicolizzati senza troppi complimenti:
“Si rischia di non farla perché non lo vogliono una minoranza del Pd (democraticamente sconfitta alle primarie), la signora Camusso (capo di un sindacato fatto più da pensionati che da lavoratori), Nichi Vendola (che non ha mai lavorato un’ora in vita sua e che ormai rappresenta solo se stesso) e tale Gotor, uno storico famoso più che per i suoi scritti per aver guidato la disastrosa campagna elettorale di Bersani (probabilmente quel: «Smacchieremo il giaguaro» è farina del suo sacco, così come l’ideona di fare un governo con Grillo).”
Sallusti rincara la dose e paragona gli oppositori al “gruppo di musicanti di seconda fila, mediocri, invidiosi e frustrati” che avrebbero fatto dimettere Riccardo Muti dall’Opera di Roma. Il direttore avverte del pericolo che questi politici, pur di non perdere la propria posizione, possano far saltare tutto il programma di riforme. Per salvare la situazione il giornalista propone un’unica soluzione a Renzi, definita non più come una scelta ma come una “necessità improrogabile”: cambiare rotta e affidarsi all’aiuto di Berlusconi.