Non è passato inosservato il giudizio di Ferruccio De Bortoli su Matteo Renzi. Dopo l’editoriale del direttore del Corriere della Sera, oltre alle reazioni della rete, non sono mancate quelle sui quotidiani italiani.
Sul Sole24Ore Stefano Folli interviene sul clamore delle parole di De Bortoli e scrive che mentre in Italia “infuria il dibattito sulla reale consistenza del personaggio Renzi, sulla sua capacità di trasformare le declamazioni in fatti concreti”, il premier “gioca un’altra partita e in America usa il linguaggio ed evoca gli scenari che i suoi interlocutori d’oltreoceano apprezzano di più. E’ un altro aspetto dell’arabesco che egli sta ricamando con l’opinione pubblica interna ed internazionale”.
Stefano Menichini di Europa, quotidiano vicino al partito del premier, definisce ‘volgarotta’ la tesi secondo cui il patto del Nazareno sarebbe in odore di Massoneria: “De Bortoli è e rimane un grande giornalista. Ed è questa bella differenza rispetto a tanti dietrologhi da strapazzo che inquieta, oggi. Perché autorizza a sospettare che l’insofferenza dell’establishment verso l’irruenza del premier sia ormai a livelli di guardia, superati i quali possano effettivamente ripartire manovre di commissariamento della politica, con tanti saluti anche al 40,8 per cento.”
Il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, è convinto che l’opinione di De Bortoli “sia quella dei i salotti buoni della finanza e delle banche, di grandi imprenditori con le aziende all’estero, di club pensatori esclusivi, dei big politici della sinistra al caviale,” un mondo che non aveva accettato la leadership di Silvio Berlusconi e che adesso di riflesso vede Renzi come un pericolo.
La stessa tesi di Sallusti è sostenuta da Maurizio Belpietro (Libero): “De Bortoli avrà scritto con maggior libertà sapendo di dover presto togliere il disturbo, evitando dunque di pesare le parole con il bilancino. E però quello che ha scritto è indubbiamente la sintesi di ciò che si respira introno a certi salotti. Nulla di più, nulla di meno.”
Per il Foglio l’editoriale del direttore del Corriere rappresenta la fine del “terzismo”: “All’alba di Renzi corrisponde il tramonto del terzismo di cui De Bortoli è sotto uno dei principali interpreti in questo paese, prima da braccio destro di Paolo Mieli, un’era geologica fa, poi nel corso delle due molto differenti direzioni del Corriere. Ed è stata la suggestione terzista, cioè l’ultima coda di un fenomeno che già moriva, a spingere infatti De Bortoli verso Mario Monti e poi verso Enrico Letta.”