Jobs Act e articolo 18, Renzi avanza ma Cuperlo e Fassina non indietreggiano

Jobs Act e articolo 18: mentre nella giornata di ieri sembravano aprirsi spiragli per una sintesi in vista della direzione di lunedì prossimo Renzi sembra non voler cedere su nulla. Il premier,al termine dell’incontro con la comunità italiana  a New York, ha dichiarato: “Non ci sarà alcun pasticcio, condivido alla lettera le parole del ministro Poletti. Faremo una riforma del lavoro fatta bene che sarà degna di questo nome”. Ma non tutti in Italia sono d’accordo con le parole del capo del governo.

Secondo la presidente della Camera, Laura Boldrini, l’art.18 “è una questione non cruciale per il cambiamento. Non si fa crescita erodendo i diritti di chi ancora ce li ha”. Boldrini spiega che gli imprenditori che incontra “si lamentano delle troppe tasse, della burocrazia, dello scarso accesso al credito, della giustizia lenta. Raramente un imprenditore mi ha detto che il suo problema era l’art.18, che è una bandiera. Se non è un problema per gli imprenditori, allora che problema è?”. Secondo la presidente della Camera “anche se dobbiamo difendere chi non ha diritti, non bisogna toglierli a chi ancora ce li ha. La crescita si fa cambiando verso con investimenti in ricerca ed innovazione”. Pippo Civati chiede invece che venga redatto “un documento scritto con i dettagli sui quali si orienterà il lavoro del partito e del governo per poterli valutare”. Pier Luigi Bersani si mostra speranzoso: “Cerco di dare una mano – spiega l’ex segretario in un’intervista all’Huffington Post – Una sintesi è ancora possibile”.

CUPERLO “RENZI NON CI DICA PRENDERE O LASCIARE” – In direzione “spero che il segretario presenti una relazione alternativa al prendere o lasciare. Un partito discute, la riforma si può migliorare. Renzi deve capire che da solo non ce la fa e che in casa non ha dei nemici. A meno che non pensi, e non voglio crederlo, che chi ha delle idee diverse dalle sue deve andarsene altrove”. Così l’ex presidente del Pd Gianni Cuperlo in un’intervista a Repubblica. “Non siamo i Flintstones. Più che al partito della trattativa mi iscrivo a quello del cambiamento”, dice Cuperlo che sull’ipotesi di un ‘andare drittO’ di Renzi afferma: “Andare diritto significa che il merito scompare? O che non si discutono assieme Jobs Act e legge di stabilità? Se vuoi tutelare un milione di persone con una indennità di 800 euro mensili, devi avere delle risorse certe e devi averle subito”. “Con la riforma Fornero l’articolo 18 è cambiato nella sostanza. È cresciuto il numero e il successo dei casi di conciliazione. Si è ridotto il ricorso al giudice”, osserva Cuperlo. “Discutiamo pure della durata della prova. Per me 3 anni non sono pochi, ma ne servono 4? Ragioniamo. Il punto è che alla fine della prova se si esclude in via di principio l’opzione della reintegra si colpisce un principio che ha un fondamento costituzionale”.

 

FASSINA “RISCHIO TASSE PIÙ ALTE PER IMPRESE” – Nel Jobs Act “non c’è nessun intervento certo di disboscamento dei contratti precari, la delega parla solo di una eventualità. E poi gli ammortizzatori sociali per i precari: la delega parla di risorse invariate, quindi quelle che oggi non bastano nemmeno andrebbero redistribuite su una platea molto più ampia”. Intervistato dalla Stampa, il deputato del Pd Stefano Fassina paventa il rischio di tasse più alte per le imprese. “Rispetto a tre milioni di disoccupati, se contiamo di coprirne soltanto 500mila con 6-700 euro al mese per 12 mesi, sono oltre 4 miliardi l’anno. Il governo è sicuro di trovare questi miliardi aggiuntivi? Dove? Vorrei capire che carattere hanno questi ammortizzatori e se, come mi pare di capire, è previsto un aumento contributivo a carico del lavoratore e del datore di lavoro”, evidenzia Fassina. “Così com’è la delega è contraddittoria rispetto al mandato che noi del Pd abbiamo ricevuto perchè aggrava la precarietà. Spero si possa discutere e migliorare: così com’è per me è insostenibile”, dichiara l’esponente della minoranza Pd. Sull’articolo 18, “vorrei capire la connessione tra la sua eliminazione e la riduzione della precarietà. Diciamo le cose come stanno: lo si vuole eliminare perchè si vuole fare quello che raccomanda la Commissione europea”, cioè “indebolire il residuo potere contrattuale dei lavoratori, ridurre le retribuzioni, continuare a svalutare il lavoro perchè non si può più svalutare la moneta”.