Continua la correzione sui maggiori mercati finanziari globali, dove nelle ultime settimane il calo ha interessato soprattutto i titoli tecnologici, con un NASDAQ che ha sfiorato un calo del 4 per cento. Allo stato attuale delle cose si tratta solo di correzione e non (ancora) dello scoppio della bolla, e i paragoni con quanto accaduto all’alba del millennio sono esagerati.
Il mercato non è assolutamente a valori estremi come nel caso della bolla tecnologica: il P/E, per quanto simile ai valori toccati prima del collasso di Lehman Brothers, è ancora di un buon terzo più basso rispetto al 2000, così come le aspettative sugli utili e altri indicatori che mostrano che non siamo giunti agli estremi della bolla scoppiata quasi tre lustri fa. In particolare sono i tassi d’interesse a divergere, e questi ultimi sono decisamente più bassi: Goldman Sachs sottolinea che negli USA i rendimenti dei T-bills a 3 mesi sono azzerati rispetto al 5,9 per cento del 2000, mentre quelli dei T-note a 10 anni sono al 2,7 per cento rispetto al 6 per cento della bolla tecnologica.
Ciò significa che c’è ancora molta liquidità a fare da puntello all’economia, basti pensare al ritorno sui mercati della Grecia, che ha messo in asta bond a 10 anni andati a ruba con un tasso inferiore al 5 per cento. Fiducia sulla Grecia? Non proprio: gli investitori continuano ad essere a caccia di rendimenti reali positivi, e, nonostante tutto, sembrano voler puntare sui mercati emergenti o quasi emergenti, fra i quali ci sono anche quelli della periferia europea, come Italia e Spagna, che registrano a loro volta rendimenti record (ai minimi, ovviamente).
Va ricordato, comunque, che non è il caso di adagiarsi sugli allori: come ha dimostrato la recente crisi dei mercati emergenti, si tratta di investimenti finanziari che possono sparire in un battito di ciglia, e riportare un Paese in crisi apocalittica in men che non si dica.
È necessario proseguire senza sosta sulla strada delle riforme approfittando dell’ennesima bonaccia monetaria: negli ultimi mesi abbiamo visto molti Paesi (i BRICS, ad esempio) passare dalle stelle alle stalle, dopo anni in cui se ne incensava la crescita, palesemente a credito, poiché quegli stessi Paesi non hanno posto in essere i necessari cambiamenti strutturali per rendere gli investimenti finanziari (per definizione volatili in questa fase storica) in investimenti “reali”, segnali di fiducia di lungo periodo verso un determinato Paese.
Per quanto il FMI abbia azzerato le stime di recessione globale per l’anno in corso la situazione rischia di degenerare, come al solito all’improvviso: in Cina, ad esempio, le riforme nel settore bancario hanno portato gli immobiliaristi a comprare pacchetti nelle banche commerciali, in un abbraccio potenzialmente mortale nel caso in cui il boom immobiliare cinese dovesse rivelarsi una bolla. I prezzi delle case sono in crescita declinante ormai da tre mesi, per cui i margini di profitto si stanno restringendo: è anche vero che l’acquisto di banche da parte dei property developers potrebbe essere una semplice strategia di diversificazione più che un modo per assicurarsi finanziamenti agevolati per continuare a gonfiare il mercato, ma molto dipenderà da quanto le autorità cinesi saranno vigili. Non va dimenticato che la crescita cinese è attesa in deciso rallentamento (i prossimi dati, attesi mercoledì, dovrebbero confermare la tendenza), e una crisi immobiliar-bancaria è forse l’ultima cosa che serve a Pechino.
L’agenda macroeconomica prevede lunedì l’inflazione italiana, che ha registrato un aumento su base annua dello 0,4 per cento, ovvero ancora in rallentamento. Migliore delle attese la produzione industriale europea, mentre nel pomeriggio verranno rese note le vendite al dettaglio USA, attese in accelerazione su base mensile.
Martedì conosceremo l’inflazione a stelle e strisce, che dovrebbe rimanere stabile rispetto alle rilevazioni precedenti, mentre più avanti nel pomeriggio europeo è atteso un discorso del presidente della Fed, Janet Yellen.
Mercoledì, oltre al già citato PIL cinese (atteso in crescita annua del 7,3 per cento contro il precedente +7,7), dovrebbe arrivare una nuova stima dell’inflazione dell’Eurozona, prevista stabile in crescita di mezzo punto tendenziale. Negli USA il mercato immobiliare dovrebbe segnare una piccola crescita, mentre la produzione industriale è attesa in lieve frenata.
Giovedì, oltre ai jobless claims USA (che dopo aver toccato il minimo degli ultimi anni a 300mila unità, dovrebbero segnare un piccolo rimbalzo), verrà rilasciato l’indice della Fed di Philadelphia circa la salute economica di tale distretto (previsto un lieve miglioramento).
Venerdì festivo (per la Pasqua): si attendono i dati sugli ordini all’industria in Italia.