Durante la sua visita negli Stati Uniti, conclusasi ieri, è stato attaccato da tutti, imprenditori (vedi Della Valle) vescovi (vedi Cei) colleghi di partito (vedi Bersani e co.). Ma il premier Matteo Renzi fa spallucce e guarda avanti. “Negli ultimi giorni si sono schierati contro il governo direttori di giornali, imprenditori, banchieri, prelati. Ai più è apparso come un attacco studiato. Io sono così beatamente ingenuo che preferisco credere alle coincidenze” afferma il capo del governo che, in un’intervista a Repubblica, assicura: “Non mollo“. E sull’eventualità che i “poteri forti” vogliano sostituirlo con il governatore Visco, “ci provino pure, ma il Pd non accetterà di farsi da parte“.
“Io non sono un massone, sono un boy scout. La verità è che io non omaggio certi poteri e questa è la reazione”, dice Renzi. “Io insisto. Non mollo. Cominciamo con il cambiare lo Statuto dei lavoratori. L’articolo 18 o c’è per tutti o non c’è per nessuno. Va tenuto solo per i casi di discriminazione”, afferma il premier, secondo cui congelare per i primi 3 o 4 anni il diritto al reintegro “sarebbe un errore: significherebbe essere un Paese in cui il futuro dell’economia e dell’industria dipende dalle valutazioni dei giudici”. “In un partito normale si discute, si vota e poi si prende una decisione e la si rispetta“, afferma Renzi. “Non voglio prove di forza muscolari, anche se abbiamo la certezza di avere la maggioranza”.
Se i forzisti fossero determinanti sul voto finale del provvedimento, “si aprirebbe un grave problema politico. Ma io credo che non accadrà”. La riforma del lavoro non è un baratto con la flessibilità in Ue, sottolinea il premier. “Chi ha fatto le riforme ha sempre usato la flessibilità. Noi faremo le riforme mantenendoci dentro il 3%”. Sul possibile disaccordo della Germania, “Merkel guida il governo tedesco, non quello italiano”. “Con Marchionne ho avuto opinioni diverse e in più circostanze. Ma preferisco la Fiat di oggi rispetto a quella di 30 anni fa che al primo problema aveva sussidi, incentivi e cassa integrazione”, osserva Renzi.
Quanto a Diego Della Valle, “ho capito che vuole costruire un partito. Io devo cambiare il Paese. Se ci dà una mano con i suoi consigli, lo ascolto volentieri. Se vuole misurarsi in prima persona, auguri”. Sulla Cei, “ricevo telefonate di amici vescovi che mi dicono che le parole sono personali del segretario generale della Cei. Del resto io, cattolico, rispondo ai cittadini, non ai vescovi”, dice Renzi. In merito al sindaco di Napoli, “le leggi si possono cambiare, io trovo quella norma eccessiva. Ma finchè le leggi ci sono, vanno applicate. De Magistris ha il dovere di rispettare le leggi“.
Nonostante la determinazione del premier, le crepe presenti all’interno del suo schieramento sono ben lungi dal ricomporsi e la direzione di domani si annuncia scoppiettante. I due big della vecchia guardia, Bersani e D’Alema, attaccano Renzi accusandolo, di fatto, di fare il gioco di Berlusconi e Verdini. L’ex segretario mette in guardia Renzi sulla questione dell’articolo 18: “Nel merito, se nei provvedimenti si dovesse togliere dignità al lavoro, rischieremmo uno scivolamento a destra che il partito non può accettare”.
Prova a gettare acqua sul fuoco il presidente del partito Matteo Orfini: “Dobbiamo trovare l’accordo in direzione e credo che ci siano tutte le condizioni per farlo. I passi avanti di questa settimana sono innegabili, e gli emendamenti unitari presentati al senato lo dimostrano: siamo d’accordo al 90%, ora manca l’ultimo passo”, ha detto, aggiungendo che trova “positivo che Renzi ribadisca che il reintegro per il licenziamento discriminatorio debba rimanere. Ma quel diritto oggi è tale solo sulla carta perché nessun imprenditore esplicita la ragione discriminatoria del licenziamento e così nei fatti l’art.18 finisce per coprire anche questi casi. Se non si vuole mantenere il reintegro per i licenziamenti senza giusta causa è indispensabile modificare la norma su quelli discriminatori rafforzandola per garantire di più i lavoratori”.