Mercati in ribasso non solo per via delle ben note tensioni geopolitiche, ma anche e forse soprattutto per i movimenti in atto a livello di banche centrali.
Il rafforzamento del dollaro può essere spiegato dalla sempre più vicina eventualità che la Federal Reserve aumenti i tassi d’interesse, provocando una parziale liquidazione degli investimenti sull’azionario. Da questo punto di vista i recenti ribassi possono essere visti semplicemente come normale “respirazione” dei mercati che da tempo sembrano voler viaggiare solo al rialzo.
Per l’Europa c’è però da segnalare, sempre nel quadro di stagnazione e deflazione, una certa perdita di fiducia da parte degli attori economici, che aspettano movimenti di stimolo di cui, però, si sente solo parlare. Lunedì gli indici della fiducia nell’Eurozona sono scesi sotto la soglia dei 100 punti per la prima volta dal 2013.
Ottobre si aprirà con una nuova riunione della Banca Centrale Europea, che dovrebbe rendere un po’ più chiaro il quadro di acquisto di ABS e covered bond sul quale si baserà l’embrione di stimolo monetario.
I mercati, però, già parlano di uno stimolo più esplicito, ovvero l’ormai leggendario QE con il quale Draghi proverà a fermare le tendenze deflazionistiche in atto nell’Eurozona.
Il problema resta il solito, ovvero che lo stimolo monetario di cui (a parole) Draghi si è reso protagonista da almeno un paio d’anni, servirà solo per comprare altro tempo: la BCE non potrà tirare l’Europa fuori dal guado da sola, e sarà necessario anche qualche forma di stimolo fiscale e, soprattutto, di riforme strutturali per riuscire a lasciare il tunnel della crisi.
Non va però dimenticato che il periodo di transizione sarà doloroso, e che non esistono formule magiche per uscire dalla crisi: il ministro dell’economia italiano Pier Carlo Padoan ha ben spiegato quali sono i problemi (europei ed italiani), ma continua a non spiegare agli italiani (e al suo “capo”, Matteo Renzi) quali sono le loro conseguenze e, soprattutto, che per avere ragione della crisi bisognerà affrontare una traversata del deserto davvero poco piacevole. Capita, quando i problemi vengono lasciati a macerare per decenni.
L’agenda macroeconomica prevede il rilascio del dato sulla disoccupazione italiana, attesa ferma al 12,6%, nonché l’indice dei prezzi al consumo che dovrebbe continuare a segnalare deflazione su base tendenziale. Per l’Eurozona, invece, si prospetta un ulteriore avvicinamento allo zero per cento (per la precisione allo 0,3%).
Mercoledì sarà giornata di indici dei direttori degli acquisti del manifatturiero, previsti in peggioramento con Francia e Italia sotto la soglia dei 50 punti che separa l’espansione dalla contrazione economica.
Giovedì, come anticipato, sarà giornata di politica monetaria europea, mentre dall’altro lato dell’Atlantico verranno resi noti i soliti jobless claims, che dovrebbero assestarsi ancora sotto la soglia delle 300 mila unità.
Venerdì gli indici dei direttori degli acquisti nei servizi dovrebbe segnalare storia simile a quella del manifatturiero; gli USA rilasceranno il consueto report mensile sul mercato del lavoro, per il quale è atteso una spinta moderata, con oltre 200 mila posti di lavoro creati in settori non agricoli.