Hong Kong: la protesta degli studenti va avanti
Non si arrendono. Al contrario, alzano il tiro: “La protesta aumenterà d’intensità a partire dal 2 ottobre”. A Hong Kong i manifestanti che chiedono elezioni totalmente libere annunciano di essere pronti a resistere se non otterranno ciò che chiedono.
Oggi in Cina è festa nazionale per il 65° anniversario della presa del potere da parte del Partito comunista. Dopo essere diminuiti di numero nel corso della mattinata di ieri, i dimostranti sono tornati ad affollare le strade di Hong Kong durante il pomeriggio per partecipare al sit-in nel centro finanziario. Decine di manifestanti hanno contestato la cerimonia dell’alzabandiera.
“Dobbiamo resistere e vi sono le condizioni per farlo” ha dichiarato Chan Kin Man, tra i leader della protesta. “Occuperemo gli uffici del governo. La protesta aumenterà d’intensità a partire dal 2 ottobre”, ha anticipato Chow Wing Hong, uno dei segretari generali della Federazione degli studenti.
Alcuni manifestanti sono riusciti a superare il cordone di sicurezza e hanno contestato Leung Chun-Yinh, capo del governo locale. I dimostranti hanno chiesto ancora una volta al governatore di dimettersi. Sono stati allontanati.
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I dimostranti restano fermi sulle loro posizioni: se Leung Chun-Yinh non si dimetterà entro oggi, e se le richieste di maggiore democrazia non verranno accettate, “saranno annunciati nuovi piani di disobbedienza civile”. Lester Shum, un altro dei leader del movimento, ha dichiarato che “non abbiamo paura della polizia in assetto antisommossa, non ce ne andremo fino a quando Leung Chun-Yinh non annuncerà le sue dimissioni”.
“Il mio governo non cederà ai vandalismi degli estremisti e spero che la gente rifletta sull’impatto che i fuorilegge hanno su sicurezza, sviluppo e immagine di Hong Kong” ha replicato Leung Chun-Yinh. Alle sue spalle il governatore ha la Cina, la quale non intende arretrare, minaccia a sua volta di intervenire e conferma le proprie decisioni: nel 2017 i cittadini di Hong Kong potranno scegliere il prossimo governatore attraverso le elezioni, ma i candidati dovranno essere approvati da un apposito comitato. Per i manifestanti si tratta di una democrazia a metà e della conferma che Pechino vuole controllare punto su punto la vita di Hong Kong.
La Cina non vuole mostrare debolezza ma allo stesso tempo non può commettere gli errori del passato e reprimere duramente la protesta. Ne frattempo, Pechino sta censurando tutto ciò che accade a Hong Kong: nessuna informazione passa sulle televisioni cinesi. Sui quotidiani si fa soprattutto riferimento ad azioni illegali e agli sforzi della polizia per contenerle.
Pechino ha ribadito anche la richiesta ai governi occidentali di non interferire. Nick Clegg, vicepremier britannico, ha però annunciato di voler convocare l’ambasciatore cinese a Londra per esprimere il suo “sgomento e allarme” per il modo in cui “le autorità cinesi a Pechino sembrano determinate a rifiutarsi di dare alla popolazione di Hong Kong quello che hanno perfettamente il diritto di aspettarsi”.
La Farnesina “auspica che le autorità locali e quelle cinesi, di fronte alle richieste pacifiche di tanti giovani e cittadini, mostrino saggezza e capacità di ascolto”.
Immagine in evidenza: photo by Photo by Ding Yuin Shan – CC BY 2.0