Crisi Ucraina: scaduto l’ultimatum di Kiev, continua l’insurrezione nell’Est
Kiev, sempre più capitale solo “morale” e non “reale” dell’Ucraina, oggi sembra ancora più lontana da Donetsk e da tutte le città delle regioni sud-orientali del paese.
L’ultimatum lanciato dal Presidente della Repubblica Turchynov, d’accordo con le autorità che nei giorni scorsi hanno affrontato un vertice d’emergenza, è scaduto stamattina alle 9 (ora locale): i separatisti filo-russi non solo non hanno abbandonato le proprie posizioni, gli edifici governativi che in questi giorni sono stati “facilmente” occupati, ma hanno anche continuato la propria azione, occupandone altri e altri ancora.
“Il governo di Kiev non permetterà che si verifichi una situazione simile a quella vista in Crimea” con queste parole Turchynov ha annunciato l’avvicinarsi dell’operazione anti-terrorismo che colpirà le regioni dell’Est ucraino.
A Sloviansk, nei pressi di Donetsk, (ma anche a Horlivka, a Lugansk) queste parole non hanno sortito gli effetti sperati semmai quelli opposti: dopo commissariato e sede dei servizi segreti, i manifestanti filo-russi, hanno occupato anche il municipio della città; adesso le barricate vengono sorvegliate da uomini armati che vestono la coccarda arancio-nera simbolo della vittoria sovietica sull’invasione nazista: “siamo cosacchi della Repubblica di Donetsk” rispondono i miliziani a chi gli chiedete cosa stia accadendo.
Turchynov non esclude la possibilità che in concomitanza con l’elezione del Capo dello Stato, prevista per il 25 Maggio, si possa tenere anche un referendum sullo statuto delle regioni orientali – sicuro che la popolazione voterà in favore di un’Ucraina “indipendente, democratica e unita” – ma nel frattempo ha precisato che sarà l’esercito a condurre le operazioni anti terrorismo contro i separatisti – è pronta a intervenire anche la “guardia nazionale” dei riservisti nata all’indomani della vittoria di Piazza Maidan e che ne rappresenta l’esercito ideologico – visto che la polizia ha dato più di un segnale di tradimento nei confronti della capitale e di sostegno ai filo-russi.
A Sloviansk, i separatisti, in vista della probabile ondata di violenze che solo parzialmente riusciremo a ricostruire nel caso l’esercito ucraino conduca la repressione necessaria per riprendere l’Est del paese, hanno chiesto al Presidente Putin di intervenire per fermare il “genocidio”, dal Cremlino rispondono che “il Presidente guarda con grande preoccupazione alla situazione”.
Lavrov, anche oggi, ha ribadito che la Russia non ha intenzione di intervenire in Ucraina, anche se ha aggiunto qualcosa in più affermando che “vogliamo un Ucraina unita ma in cui tutti i cittadini siano uguali” insomma ha voluto dire che la Russia non potrebbe sopportare la dura reazione di Kiev alle proteste, una repressione contro cui un Occidente “ipocrita” non ha detto neanche una parola.
La Tymoschenko, preoccupata per la possibile invasione che Mosca potrebbe realizzare, è stato una delle poche voci della politica ucraina ha dichiararsi contraria a un duro intervento nell’Est, proprio per non provocare la Russia che potrebbe a quel punto intervenire senza incontrare alcuna resistenza, in un modo che eufemisticamente si potrebbe definire un’invasione di un paese sovrano la cui popolazione in maggioranza però è russa ancora prima che ucraina stricto sensu (proteste pilotate o meno).
Guglielmo Sano