Lo scorso 5 Aprile, in Afghanistan, 7 milioni di persone (il 60% dei 12 milioni aventi diritto), sfidando la minaccia alla sicurezza rappresentata dagli ultimatum talebani, hanno votato per eleggere il nuovo Presidente, il primo del dopo Karzai, al potere da 13 anni, e il primo del dopo-ritiro delle truppe NATO.
Nonostante il timore dei brogli (870 denunce sono state definite “gravi”, nel 2009 erano state “solo” 815 quando più di un milione di schede erano “sospettate di frode”) non solo al voto ma anche al conteggio, che potrebbero delegittimare la tornata elettorale e il suo vincitore; la commissione elettorale si è messa al lavoro e, l’altro ieri, sono stati consegnati i primi risultati degli exit-poll.
Al momento sono stati scrutinati circa 500mila voti in 26 province su 38 in totale, i risultati ufficiali verranno comunicati il 24 Aprile, se nessuno dei candidati supererà il 50% dei voti si andrà al ballottaggio, previsto per il 28 Maggio.
In testa, nella corsa alla massima carica, c’è Abdullah Abdullah che, ex-ministro degli Esteri di Karzai, alle elezioni del 2009 era finito al ballottaggio proprio col suo presidente ma si era ritirato in quanto non era stata approvata la sua richiesta di cambiare i componenti della commissione elettorale, accusati di aver favorito Karzai al primo turno.
Secondo i dati diffusi dalla Commissione Elettorale Indipendente, Abdullah, leader della National Coalition of Afghanistan è in testa col 41,9% dei voti, col 37,6% segue Ashraf Ghani, Zalmai Rassoul, considerato il delfino di Karzai, è fermo al 9,1%: il presidente della commissione indipendente, Ahmad Nouristani, ha voluto precisare che si tratta di risultati parziali destinati a modificarsi con facilità nei prossimi giorni.
Solo il 10% dei voti sono stati esaminati, molto dipenderà da quelle province di cui ancora non sono stati resi noti i risultati: Abdullah – che ha origini tajike e pashtun – ha preso voti soprattutto al nord, dove la maggior parte della popolazione è tajika. Mentre il rivale Ghani – pashtun – ha avuto il picco dei consensi nel sud e nord-ovest, nelle zone dominate da pashtun e uzbeki.
Chiunque sarà, il prossimo presidente dell’Afghanistan si troverà davanti un compito molto gravoso: negoziare con la Nato la permanenza delle truppe oltre il 2014, anno in cui la missione Isaf si concluderà. Sia Abdullah che Ghani hanno chiesto una presenza militare e di sostegno alle forze di sicurezza anche nei prossimi anni
Guglielmo Sano