Ormai è il più renziano dei renziani, Sergio Marchionne. E’ il suo più fedele supporter nei salotti che contano e, per questo, negli ultimi tempi gli endorsement si sprecano. Eppure un tempo l’ad di Fiat-Chrysler diceva dell’ex sindaco di Firenze: “Renzi si crede Obama ma è sindaco di una povera città” o “non sopporto più di vedere gente con gelati, barchette e cavolate”. Oggi invece, Marchionne incensa il rottamatore di Rignano come il nuovo De Gasperi e lo difende assiduamente dai “gufi” e dai “professionisti della tartina”.
Marchionne e il tfr. Al Salone dell’Auto di Parigi, l’amministratore delegato di Fiat Chrysler appoggia il jobs act di matrice renziana e, in particolare, l’idea del governo di mettere in busta paga ai dipendenti il Tfr (Trattamento di fine rapporto): “l’obiettivo-dice Marchionne- credo sia quello giusto. Per il breve e medio periodo credo sia importante appoggiare il governo per quello che sta facendo in questa manovra, anche se costa alla Fiat quello che costa”. Alla fine conclude con un attacco nemmen troppo velato ai “gufi professoroni”: “dobbiamo smettere di dire no a tutte queste iniziative”.
I dubbi. Come ha fatto notare stamane sul Corsera Stefania Tamburello, il governo si trova di fronte una “strada stretta” perché il progetto di mettere il Tfr in tasca ai lavoratori “apre non pochi dubbi di carattere tecnico”. Infatti i prestiti Ttlro provenienti dalla Bce, con cui verrebbe finanziata l’operazione, sono “finalizzati alle imprese”. Ma è anche vero che a Francoforte “non entrano nel dettaglio delle condizioni di concessione dei prestiti”. Perciò ora la partita si sposta a Palazzo Chigi. E la coppia Poletti-Padoan dovrà giocarsela bene.
Padoan-Poletti, Landini-Camusso. Del Tfr “ne stiamo discutendo” ha annunciato il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan e aggiunto che sul piatto “insistono vari interessi” e le “opzioni sono complesse”. Cautela arriva anche da Giuliano Poletti, titolare del dicastero di via Veneto: “c’è una discussione sullo strumento” ma “il problema è di tipo politico”. Sul tema sono intervenuti anche i sindacati, sempre più coinvolti dalla riforma renziana. Susanna Camusso mantiene la sua consueta linea massimalista: “c’e’ sempre di piu’ il sospetto che sia un’operazione per trovare risorse in maggiore fiscalita’ invece che un’effettiva, concreta restituzione ai lavoratori”. Landini, invece, apre un varco: “penso che si possa mettere in condizione il lavoratore di scegliere cosa vuole fare” ma a patto che “non vari la tassazione”.
Renzianissimi. Alla domanda della conduttrice tv di Omnibus (La 7) ‘che senso ha il Tfr?’, Yoram Gutgeld, tra i più fidati consiglieri economici del premier, ha risposto: “Ha senso perche’ vorremmo dare la liberta’ ai lavoratori che vogliono prendere una parte di questa enorme somma di salario differito e metterlo in busta paga oggi”. Sull’argomento è intervenuto quest’oggi anche il neo presidente dell’Inps Tiziano Treu: “su Tfr ci sono pro e contro” ma “si può sperimentare”. E Renzi gongola.
Giacomo Salvini