Nessuna concessione e il governatore non si dimetterà: tra Hong Kong e Pechino continua il braccio di ferro anche se spiragli per una trattativa sembrano essersi aperti. Fermezza e dialogo, cautela e minaccia: è questo il clima che si respira tra il governo centrale cinese e i dimostranti.
Dal Quotidiano del Popolo, organo del Partito Comunista, è arrivato un duro attacco: le richieste dei dimostranti “non sono né legali né ragionevoli”, motivo per il quale “stanno andando contro la legge e sono destinati al fallimento”.
I manifestanti hanno accettato di dialogare con il governo locale e sono in contatto con Carrie Lam, numero due dell’esecutivo a Hong Kong. Ma gli spazio per una trattativa sembrano sempre molto stretti. Difficile inoltre capire che tipo di colloquio possa nascere tra le due parti, ha sottolineato il Washington Post.
Se il governo cinese non arretra di un passo, infatti, lo stesso fanno i dimostranti: suffragio universale senza interferenze da parte di Pechino. Inoltre è stata ribadita la richiesta di dimissioni per Leung Chun-ying, capo dell’esecutivo di Hong Kong. Un passo indietro del governatore (che secondo i manifestanti avrebbe “perso la sua integrità”) sarebbe visto come un atto distensivo, un’apertura da parte di Pechino che potrebbe condurre a una vera trattativa.
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Il governatore ha incassato anche nelle scorse ore l’appoggio della Cina e ha ribadito che non si dimetterà. Attraverso un intervento pubblicato sulla CNN, ha dichiarato che “le emozioni – sia a favore sia contro la proposta di riforma elettorale – non ci porteranno da nessuna parte”.
Per le strade restano i presidi, anche se appaiono indeboliti rispetto allo scorso fine settimana. I manifestanti temono che da un momento all’altro la polizia possa passare violentemente all’azione e sgomberare le strade. Da diverse ore le autorità cinesi stanno alzando il tiro. Il portavoce della polizia, Steve Hui, ha dichiarato che le forze dell’ordine non tollereranno “nessuna azione illegale contro gli edifici del governo”. Ieri dalle autorità erano arrivate parole ancora più dure: “Disperdetevi o ci saranno gravi conseguenze”.
Su Hong Kong aleggia lo spettro di piazza Tienanmen. In città sono presenti migliaia di soldati rimasti per ora in disparte, senza affiancare i poliziotti. La presenza dei militari però non è invisibile, né innocua: è una pressione psicologica sui manifestanti, ha spiegato la CNN.
Il governo di Hong Kong, può in caso di necessità chiedere al governo centrale un aiuto per mantenere l’ordine pubblico. Fino a oggi Pechino ha ripetuto che ciò che sta accadendo a Hong Kong è di competenza delle autorità locali: sta a loro risolvere la situazione. La guarnigione di militari cinesi però è lì, pronta a entrare in azione in caso di bisogno. È la presenza cinese, una presenza che Pechino sta facendo sentire e sta provando a far pesare.
Scontri si sono avuti invece nel quartiere popolare di Mongkok, dove un gruppo di studenti aveva occupato l’incrocio tra Nathan Road e Argyle Street. Ad aggredirli sarebbero stati gruppi di sostenitori del governo di Pechino.
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