Sondaggio Ixè per Agorà: 4 su 10 non hanno capito il Jobs Act ma si fidano più di Renzi che non del sindacato
Venerdì 3 ottobre 2014, durante la trasmissione televisiva Agorà su Rai 3, sono stati resi noti i dati del sondaggio politico elettorale condotto dall’istituto Ixè di Roberto Weber il primo giorno del mese. Analizzeremo anche le intenzioni di voto, ma innanzitutto cerchiamo di far emergere le ragioni che determinano il consenso alle varie forze politiche.
Partiamo dallo scontro tra Governo e sindacato sulle proposte di riforma del mercato del lavoro.
Il primo dato importante di questo sondaggio è dato dai giudizi su queste misure che confluiscono nel cosiddetto “Jobs Act“. I sondaggisti si sono premurati a includere, oltre alle risposte “positivo” (32%) e “negativo” (29%), una terza possibilità, data dal “non ho capito“, che ha visto la maggioranza relativa delle risposte, il 39%. Se tra gli italiani 4 su 10 non hanno capito il Jobs Act – ed effettivamente sarebbero anche di più, perché qualcuno potrebbe aver espresso un giudizio pur di non ammettere di non averlo compreso – resta esclusa dalla discussione e dal dibattito che vi sta attorno quasi la metà degli italiani.
Quanti italiani si sentono rappresentati dal sindacato? Di certo una minoranza, se a questo quesito risponde affermativamente solo il 28% degli intervistati, mentre il 72% ritiene di non essere rappresentato dagli enti che per loro natura dovrebbero maggiormente tutelare i diritti dei lavoratori. Al contempo però lo stesso campione si sente rappresentato per il 51% dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi.
Per approfondire la stratificazione del consenso al sindacato vi è il seguente quesito, che permette di scomporre il dato tra “molta” (6%), “abbastanza” (23%), “poca” (42%) e “nessuna fiducia” (29%), confermando una fiducia complessiva nelle organizzazioni sindacali pari al 29%.
Possiamo compararla con la fiducia che gli italiani hanno negli esponenti politici. Renzi nell’ultima settimana cresce di un punto, al 49% e continua a guidare la classifica. In aumento anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al 39% (+1), Beppe Grillo, al 21% (+2) e il segretario leghista Matteo Salvini al 20% (+1). Stabile Berlusconi che conferma il 16% di consenso, mentre di Alfano si fida il 13% (+1) dei soggetti intervistati.
Se, come abbiamo visto prima, il consenso per Matteo Renzi cresce di un punto, beneficia di una variazione analoga anche il Governo, che dal 47% dei consensi passa al 48%. In particolare, il piccolo spostamento è avvenuto in quella fetta dell’elettorato che non assume una posizione netta di sostegno o di opposizione, ma che si colloca in uno spazio intermedio, tra la speranza e la sfiducia.
Forza Italia vede spesso anche contrasti interni tra la linea di “falchi” – i quali preferirebbero un’opposizione più dura al Governo – e quella delle “colombe“, maggiormente disposte nei confronti dell’esecutivo di Renzi. Queste ultime sembrerebbero riscutere un consenso maggiore sia tra il totale del campione, sia all’interno degli elettori del partito di Berlusconi:
Veniamo infine alle intenzioni di voto.
Il centrosinistra sembra mantenere la propria posizione, con un piccolo spostamento dal PD verso SEL. Il Partito Democratico è stimato al 40,2% (-0,3) mentre SEL al 2,5% (+0,2). Scelta Civica conferma l’1%. Nei partiti al di fuori di questa ipotetica coalizione, risultano in crescita Rifondazione Comunista all’1,3% (+0,2), Verdi all’1,1% (+0,2) e Radicali allo 0,7% (+0,1). Calo per Azione Civile, che ormai conta solo un decimale, e stabile Italia dei Valori che otterrebbe lo 0,4%.
Nello schieramento di centrodestra, invece, Forza Italia scende al 15,7% (-0,3), NCD al 2,2% (-0,2) e UDC all’1,4% (-0,4). Respirano invece Fratelli D’Italia che si solleva al 3,2% (+0,3) e Lega Nord che conquista l’8% (+0,2).
Si evidenzia anche una crescita del Movimento 5 Stelle che potrebbe avere il 20,8% (+0,6) dei voti degli italiani.
Lo scontro politico dell’ultima settimana ha eroso la quota dei meno propensi ad esprimere una scelta partitica. Indecisi e non rispondenti ora si attestano al 16,9% (-0,6), mentre gli astenuti, sommati alle schede bianche e nulle, scendono al 17,8% (-0,5).