La tregua sottoscritta il 5 Settembre tra governo di Kiev e separatisti non è mai veramente cominciata. Gli scontri tra esercito e milizie filorusse continuano così come i bombardamenti su Donetsk. Anche la Croce Rossa ha denunciato la tragica situazione in cui versa l’Ucraina orientale, in particolare dopo la morte di un suo dipendente.
Si chiamava Laurent Du Pasquier, cittadino svizzero di 38 anni, lavorava negli uffici amministrativi dell’organizzazione internazionale ed era a Kiev da sei settimane: è stato ucciso dall’esplosione di un colpo di mortaio, non è chiaro da chi sia stato sparato, se dall’esercito o dai separatisti.
Il direttore delle operazioni della CRI, Dominik Stillart, ha dichiarato “il bombardamento di zone residenziali è inaccettabile, viola il diritto umanitario internazionale”: mercoledì un colpo di artiglieria è esploso nel cortile di una scuola elementare, 10 persone hanno perso la vita.
L’esercito ucraino ha accerchiato Donetsk ma la città è pienamente sotto il controllo ribelle: la sede della CRI colpita si trova a meno di un chilometro da uno dei palazzi governativi occupati dai filorussi sin da Aprile. Gli scontri si concentrano in particolare nei pressi dell’aeroporto, fondamentale punto strategico in bilico tra le due parti: la scuola colpita si trovava a 4 chilometri dallo scalo.
È opportuno evidenziare che sulla situazione pesa l’avvicinarsi delle elezioni del 26 Ottobre, almeno così pensa Vladimir Zahirin, vice-direttore dell’Istituto della CSI, che precisa come la maggior parte delle forze politiche chieda di continuare le operazioni militari nell’Est, andando incontro a un certo radicalismo diffusosi tra l’elettorato dopo mesi di propaganda da parte delle autorità di Kiev.
Personalità politiche come Yatseniuk e Turchynov, saliti alla ribalta dopo il colpo di stato, sostengono la “linea dura” contro Mosca: a più riprese hanno annunciato il ripristino dell’integrità del territorio ucraino e la lotta contro mercenari e truppe straniere.
Il primo ministro Yatseniuk in particolare propone di annullare lo status di “paese non allineato” dell’Ucraina e l’adozione di una nuova dottrina militare per cui la Russia sarebbe ufficialmente dichiarata come “aggressore”. Al momento però sembra prevalere il fronte della risoluzione pacifica del conflitto, ovvero quella del Presidente Poroschenko, anche se comunque in salsa fortemente anti-russa.