“Dalla montagna di Renzi è saltato fuori il topolino”. Duro attacco frontale de ‘Il Giornale’ nei confronti del premier Matteo Renzi a proposito della spending review, annunciata a più riprese ma non ancora formalizzata.
L’ACCUSA – Il quotidiano, di proprietà della famiglia Berlusconi, si chiede dove sia finito il progetto di riduzione della spesa. Renzi “aveva assicurato un taglio di spese per 16 miliardi. Poi lo ha diminuito a 13. Per il 2015 è di soli 5. E per il 2016 niente riduzioni”, in virtù di un bilancio tendenziale che presenta “una deroga al patto di stabilità degli enti locali che consentirà di sforare il loro deficit in certi (numerosi) casi”. Quest’ultimo punto sarebbe accettabile “se il risultato fosse una legge di stabilità che genera crescita”, tuttavia “la previsione di crescita del Pil per il 2015 è meschina: +0,6 per cento contro il -0,3 del 2014”.
PIL E 80 EURO – Aspre critiche, in merito ai dati sul Pil 2014, vengono riservate a proposito degli 80 euro, che – secondo i proclami del premier – avrebbero assicurato una crescita che in realtà non si è concretizzata. Perciò “il governo ammette che la sua legge di stabilità non avrà effetti positivi, nonostante la manovra espansiva che la Bce di Mario Draghi ha già messo in campo e nonostante la svalutazione dell’euro del 10 per cento, misura che dovrebbe stimolare le nostre esportazioni e ridurre le nostre importazioni”. Analisi di un bilancio fallimentare.
LAVORO E TASSE – Il quotidiano ne ha anche per la riforma del lavoro, la quale “causa proteste sindacali e divisioni politiche nel Pd” e “sta annacquandosi”. Il tutto nonostante i moniti che arrivano dalla Bce per bocca del Governatore Draghi, che “ha purtroppo rinviato a dicembre le misure di credito diretto alle imprese perché il disegno di legge delega sul lavoro, già vago, rischia di peggiorare”. E se Draghi “raccomanda di tagliare le spese per ridurre le imposte” in realtà “con la legge di stabilità attuale c’è un rischio di aumento preoccupante delle imposte”. Questo perchè il testo governativo viola gli accordi europei sulla riduzione del debito: “Per il 2015 lo sforamento è di 5,5 miliardi di euro. Per il 2016 potrebbe aggirarsi sui 16, in caso di peggioramento”. Da colmare “con l’utilizzo della clausola di salvaguardia, che contempla l’aumento dell’Iva e di altre imposte indirette per 16 miliardi”, con “il rischio di una maxi manovra con l’aumento delle aliquote del 10% e del 4%, di accise sulla benzina eccetera”.
COTTARELLI – Secondo ‘Il Giornale’ va stigmatizzato anche l’atteggiamento di Renzi nei confronti dell’operato di Cottarelli. Il commissario alla spending review “aveva reso pubblico un diligente studio sulle società partecipate dagli enti locali”, lasciando evincere che “nel giro di un biennio si potrebbero ricavare risparmi di 4-5 miliardi, pur senza liberalizzazioni thatcheriane”. Senza dimenticare le affermazioni del commissario nell’autunno del 2013, quando “considerava come obbiettivo minimo una riduzione della spesa di 22 miliardi di euro fra il 2015 e il 2017 e riteneva possibili ulteriori risparmi con scelte politiche”. Renzi invece “ha licenziato Enrico Letta, ha piazzato i suoi nel governo, nelle imprese e negli enti pubblici. Poi ha licenziato Cottarelli, dicendo che i tagli li faceva lui. Però ha abbassando l’asticella a 5 miliardi. E ora paventa la minaccia di nuove imposte per 18 miliardi”.