Questa è una storia vera. L’Ossau-iraty è un formaggio di pecora prodotto in Francia. Non un formaggio qualsiasi ma un formaggio Dop che ha, persino, un sito internet tutto suo ed un’intera voce su Wikipedia.
La Francia nei mesi scorsi ha deciso di modificare il cosiddetto “disciplinare” che non è – come, forse, sarebbe più utile e comprensibile – la ricetta per fare un buon formaggio ma l’insieme delle regole, specifiche e caratteristiche che consentono di distinguere il formaggio in questione da ogni altro, permettendo a chi lo produce di fregiarlo del suo prezioso nome.
La materia è, naturalmente, disciplinata da un Regolamento europeo che impone, tra l’altro, che la domanda di modifica del disciplinare sia pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea in modo da consentire a chi fosse interessato di prenderne visione e rappresentare eventuali osservazioni. Una cosa tipo: “Se qualcuno ha qualcosa da dire, lo dica ora o taccia per sempre”.
Dura lex, sed lex, però e, quindi, qualcuno, a Parigi, si è preso la briga di redigere ben otto pagine di domanda di modifica del disciplinare del prezioso formaggio di pecora e qualcun altro a Bruxelles di tradurre la domanda in tutte le lingue dei Paesi dell’Unione europea e di pubblicarla sulla Gazzetta Ufficiale.
Se anche la storia finisse qui, legittimerebbe il dubbio che il costo della procedura in questione sia di gran lunga superiore al guadagno garantito alla Francia ed ai produttori del prezioso formaggio dalla sua tutela Dop.
Ma non basta. Ieri, infatti, sulla nostra Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato un comunicato con il quale si informa che la domanda in questione è stata pubblicata lo scorso 17 settembre sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea. Entrambe le gazzette, ovviamente, sono disponibili online. Difficile accettare l’idea che sia davvero necessario pubblicare sulla nostra Gazzetta – e magari su quella di tutti gli altri Paesi europei – un comunicato che informa che sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione è stato pubblicato qualcosa. Non basterebbe dare per pubblicato, in tutti i Paesi, quello che è pubblicato – peraltro in tutte le lingue – sulla Gazzetta europea? Forse sì, ma noi – in Italia e, evidentemente, in Europa – amiamo complicarci la vita.
Inutile dire che il comunicato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale online della Repubblica Italiana non contiene neppure un link alle pagine della Gazzetta Ufficiale europea sulle quali è pubblicata la domanda in questione con la conseguenza che se anche qualcuno fosse interessato a leggerla, deve taglia-incollare il numero della Gazzetta europea sul quale è pubblicata la domanda, darlo in pasto aGoogle ed approdare a destinazione. Troppo semplice inserire un link, perché la cosa eserciti qualsivoglia fascino sul nostro poligrafico dello Stato e su chi ne determina l’agire.
Ma sin qui sembra una storia di ordinaria burocrazia.
Il bello viene leggendo il comunicato. Eccolo:
Copia della predetta domanda contenente la descrizione del disciplinare di produzione è disponibile presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – Dipartimento delle politiche competitive della qualità agroalimentare, ippiche e della pesca – Direzione Generale per la promozione della qualità agroalimentare e dell’ippica – EX PQA III, Via XX Settembre n. 20 – Roma, per gli operatori interessati, i quali potranno prenderne visione, trarne copia e formulare eventuali osservazioni entro trenta giorni dalla data di pubblicazione del presente comunicato, ai sensi dell’art. 51, paragrafo 1, secondo comma, del predetto regolamento comunitario.
Vien voglia di leggere e rileggere perché viene davvero il dubbio di non aver capito ma più si rilegge e più il dubbio lascia il posto ad una sconfortante certezza: siamo destinati a morire di burocrazia. E guai a dimenticare che stiamo parlando solo di cambiare la “ricetta” – mi perdonino per un istante gli addetti ai lavori ed i cultori dell’agro-alimentare – ad un formaggio di pecora e non di modificare il sistema elettorale europeo.
C’è un ufficio del nostro Ministero dell’Agricoltura – la cui denominazione è più complicata del nome del formaggio francese e non starebbe neppure in due tweet – che ha evidentemente istruito una pratica per chiedere all’Istituto poligrafico dello Stato di pubblicare sulla nostra Gazzetta Ufficiale un comunicato attraverso il quale si informano gli interessati che sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea – disponibile online ed in italiano – è stata pubblicata una domanda della quale possono prendere visione non già cliccando su un apposito link ma recandosi presso il citato impronunciabile ufficio del Ministero dell’Agricoltura e “traendone” copia.
Un bell’esempio di amministrazione digitale, moderna, a portata di cittadino e, soprattutto, semplice da usare.
L’Ossau-iraty è certamente un formaggio di straordinaria bontà e prelibatezza ma come si può credere che esista un futuro per il nostro Paese e, forse, per l’intero vecchio continente se solo per cambiarne forma o ricetta servono otto pagine di domanda in carta da bollo, tradotta in 27 lingue, pubblicata in 28 Gazzette ufficiali e, magari, resa disponibile, su carta, in 27 Ministeri di altrettanti Paesi?