Sondaggio Swg: gli italiani, impoveriti dalla crisi, invocano onestà e rispetto
Sondaggio Swg: gli italiani, impoveriti dalla crisi, invocano onestà e rispetto
Il sondaggio del mese di ottobre 2014 dell’Istituto Swg fotografa lo scenario dell’Italia di oggi, impoverita – anche a livello di relazioni sociali – a causa della crisi, poco fiduciosa nella classe dirigente e nelle condizioni economiche future, ma che cerca di identificare i valori fondamentali a partire dai quali costruire un’idea di futuro, per guardare avanti, nonostante sia elevata la rassegnazione.
In un’Italia non esente da tensioni interne e segnata da oltre due decenni di scandali politici e giudiziari, la polarità di conflitto che viene avvertita maggiormente (8,3) è quella tra “onesti” che fanno il proprio dovere e “furbi“, cioè coloro che traggono il proprio tornaconto personale infischiandosene dei limiti posti dalla morale e dalla legge. Negli ultimi anni del Governo Berlusconi era stata rispolverata la “questione morale” posta da Berlinguer in tempi non sospetti, ma a quanto pare non cessa di riscuotere una certa attualità, considerando che alcune forze politiche hanno fatto propri slogan quali “l’onestà andrà di moda”. Molto sentiti anche i conflitti tra ricchi/poveri (7,9), immigrati/solo italiani (7,9), tasse/libertà (7,8). In misura minore, ma presenti, le tensioni sul mercato del lavoro: dipendenti pubblici/privati (7,3), lavoratori autonomi/dipendenti (7,1), lavoratori/imprenditori (7,1). La dicotomia meno percepita è invece lo scontro tra centro e periferia (6,0).
Il quesito seguente invece riguarda la percezione della povertà da parte dei cittadini italiani, seguendo anche le ripartizioni geografiche macroregionali. Nel complesso oltre due italiani su tre (il 71%) avvertono, in misura più o meno forte, difficoltà economiche. Scendendo in un dettaglio maggiore, il 10% afferma di essere povero (quota che sale al 14% nel Sud Italia e nelle Isole) e di non riuscire mai ad arrivare a fine mese, il 17% vi giunge a stento e il 44% avverte una certa difficoltà. Se nel Nord un terzo dei residenti vive in condizioni economiche di tranquillità, scendendo verso il Meridione la quota si assottiglia sempre più; nelle Isole nessuno dice di vivere agiatamente ed è solo il 18% a dirsi economicamente tranquillo.
L’impoverimento non riguarda solamente i portafogli degli italiani, ma anche le relazioni sociali: la maggioranza degli italiani si dice d’accordo (per il 41%) o del tutto d’accordo (12%) con l’affermazione secondo la quale rispetto agli anni precedenti si ha la sensazione di avere meno relazioni sociali e amicali. In disaccordo con questa asserzione è il 31% e il 7% è del tutto in disaccordo.
Emerge una vena di rassegnazione verso un futuro meno roseo dal quesito successivo. Tra i rispondenti è il 58%, nel complesso, a ritenere che gli italiani dovranno abituarsi al fatto che le generazioni future vivranno peggio di quelle attuali, anche qui con una posizione più marcata del 13% e una, comunque, di sostanziale condivisione per il 45% degli intervistati.
Gli italiani, nella domanda successiva, bocciano l’intera classe dirigente, sia per come si comporta, sia per la progettazione del futuro del territorio. Salvo infatti i medici, che si salvano con un voto di sufficienza, tutti gli altri esponenti ricevono voti bassi. Sfiorano il 6, ma non lo raggiungono, solamente i parroci, i personaggi del mondo della cultura e i responsabili delle associazioni di volontariato. Voti inferiori al 5 per dirigenti sindacali, banchieri e politici, tra i quali la valutazione più bassa è per i parlamentari.
Le speranze in un ricambio generazionale sono ancora molto forti, sebbene siano in diminuzione rispetto a due anni fa, forse anche per via della “rottamazione” portata avanti dal premier Matteo Renzi o dalla stanchezza nei confronti di una certa retorica giovanilistica. Sono comunque 8 italiani su 10 a pensare che i giovani nelle varie istituzioni sarebbero in grado di garantire maggiore dinamismo, innovazione e un utilizzo strategico delle nuove tecnologie.
L’indagine si conclude con “l’Italia che vorrei”, in altre parole uno scenario considerato come ideale dagli abitanti del Belpaese, facendo tesoro di tutti quei valori considerati come maggiormente importanti: onestà innanzitutto (36%), ma anche famiglia, rispetto, lavoro, giustizia.
Le caratteristiche che gli italiani vorrebbero vedere rispecchiate nella loro società ideale dovrebbero essere, secondo gli aggettivi più sottolineati dai rispondenti: rispettosa (37%) , sana (35%) ed equa (33%).