La città siriana di Kobane, sul confine turco, è ormai in mano all’Isis. I miliziani jihadisti avanzano. I raid aerei della coalizione internazionale guidata dagli Usa non stanno ottenendo risultati significativi. Il piano di Obama sta andando a sbattere contro limiti strategici e calcoli politici.
Nonostante i bombardamenti, infatti, l’Isis prosegue la sua offensiva e ha ormai preso Kobane, consolidando la loro posizione nel nord della Siria. Già ieri il Wall Street Journal aveva scritto che l’Isis aveva “piantato la sua bandiera nera sulla porta di ingresso della Nato, una bandiera ben visibile da dentro la Turchia”. Nelle ultime ore i raid della coalizione internazionale si sono fatti più intensi proprio nella zona di Kobane nel tentativo di rovesciare le sorti dello scontri.
La Cnn ha raccontato che secondo diversi funzionari dell’amministrazione Obama la caduta di Kobane non rappresenterebbe però una preoccupazione per Washington. Ma Jenny Cafarella, analista militare che lavora negli Usa, la pensa diversamente: conquistare Kobane significa per l’Isis infliggere un duro colpo alla resistenza curda e consolidare la propria posizione con notevoli vantaggi strategici.
Photo by The US Army – CC BY 2.0
Negli Usa sono tante le voci critiche nei confronti della strategia di Obama. Per il Wall Street Journal il presidente ha sbagliato nel non aver deciso un intervento contro Assad.
Per il Time la città di Kobane in mano all’Isis “non solo fornirebbe al gruppo nuove vie per l’approvvigionamento, ma dimostrerebbe anche che gli Usa sono lontanissimi dallo sconfiggere i miliziani. L’America non sta ottenendo alcun successo” ha commentato il Time, secondo il quale la coalizione internazionale fino a oggi non è riuscita a raggiungere risultati sensibili perché manca un coordinamento a terra sul suolo siriano.
Questo impedisce anche di poter procedere con raid aerei più mirati ed efficaci. Ed è sempre lì che si ritorna: chi deve intervenire a terra. Perché la necessità di truppe sul terreno non è mai sfuggita a nessuno.
Il presidente turco Erdoğan ha dichiarato che la città di Kobane è ormai in mano ai miliziani dell’Isis: i curdi stanno per cedere. Secondo Erdoğan i raid aerei vanno intensificati ma è comunque necessaria una operazione di terra: “Il terrore non terminerà fino a quando non collaboreremo per un’operazione di terra”.
Anche la voce dell’Iran trova posto nel coro di rimproveri: Teheran ha denunciato “la passività della comunità internazionale” che non sta facendo nulla per fornire aiuto concreto a Kobane. Ma l’Iran manda anche un messaggio alla Turchia, dicendo che è necessario “sostenere il governo siriano contro i terroristi”.
Le forze militari turche sono a un passo dalla Siria: carri armati e soldati di Ankara sono dispiegati lungo il confine, a poche centinaia di metri da Kobane. Erdoğan potrebbe decidere di procedere ma è più probabile che chieda un cambio di rotta alla coalizione internazionale. La Turchia infatti rimane sulle proprie posizioni: è pronta a un intervento armato di terra ma in cambio vuole una no fly zone in Siria e soprattutto l’impegno a rovesciare il regime di Assad. La strategia di Obama deve fare i conti con i vantaggi politici che gli alleati intendono raggiungere.
Intanto un altro paese si affianca agli Usa e agli alleati che stanno conducendo raid aerei in Siria e in Iraq: si tratta del Canada, che però ha già precisato che non invierà truppe a terra.