Arrigo Sacchi e Zdenek Zeman hanno sempre imposto alle proprie squadre un gioco molto diverso fra loro. A inizio anni novanta la scuola sacchiana proponeva ancora il libero mentre Zeman avrebbe voluto schierare undici attaccanti, il tecnico boemo imponeva un ritmo sfiancante per le ali mentre Arrigo ha sempre prediletto i due attaccanti centrali. Zeman era tutto attacco, velocità e fantasia, Sacchi amava la difesa a zona, le geometrie ed il fuorigioco. Due filosofie calcistiche opposte che non hanno mai fatto nascere un diverbio fra i due tecnici che si stimano e si rispettano a vicenda nonostante il carattere forte di entrambi, per info a riguardo chiedere a Massimiliano Allegri.
Il tecnico di Fusignano ha ribadito su Radio Capital la stima verso il collega boemo dichiarando: “La partita più bella che ho visto di recente è stata quella giocata dal Cagliari a Verona. Ci vorrebbero cento Zeman nel calcio italiano: gioca un calcio propositivo e divertente. La cosa più importante per lui è trovare giocatori disponibili: di solito quando aumenta la qualità cresce anche l’egoismo, e viene meno la disponibilità. Se si pensa al calcio come gioco individuale ogni assenza diventa pesante, se invece lo si vede come gioco collettivo, alla mancanza di un giocatore sopperisce un altro della rosa. Il gioco è un propulsore, moltiplica le potenzialità di tutti i partecipanti. In questo senso la visione di cui parlo è l’unica che permetta ad esempio di valorizzare i giovani. Il calcio è nato come uno sport offensivo, noi italiani come nostra abitudine lo abbiamo tramutato in uno sport difensivo. Oltretutto – aggiunge Sacchi – non sappiamo riconoscere il merito, nemmeno il pubblico lo chiede. Studiamo il calcio come uno sport individuale, invece dovremmo partire dal collettivo, dal gioco, per poi arrivare al singolo solo in ultima analisi. Un allenatore dovrebbe scegliere gli uomini non tanto in considerazione della sola tecnica, ma piuttosto di quanto tali elementi siano funzionali al progetto ha spiegato quali siano gli equivoci di fondo che impediscono al pallone nostrano di stare fianco a fianco con quello di paesi più vincenti.”