Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, lancia un allarme dei più drammatici. Per la sopravvivenza dell’ordine sociale, anzitutto. Protagonisti sono i cittadini del ‘Bel paese’, mentre oggetto della discussione del titolare di Palazzo Koch sono le disuguaglianze sociali fra i vari strati della società.
“La diseguaglianza è cresciuta a livelli senza precedenti”, tuona Visco, al Comitato per lo sviluppo della Banca mondiale. Colpa della crisi, ovvio. Le politiche, quindi, devono essere orientate all’incremento del “reddito – al fine di – fuggire dalla povertà”. Ma non sono da mettere in secondo piano anche alcune iniziative come “l’accesso all’elettricità, alla sanità, all’acqua e all’educazione primaria”. Insomma, lo Stato Sociale va perpetuato, proseguito, implementato.
Salvaguardare le fasce dei meno abbienti è sempre più difficile. Questo perché la forbice tra chi ha di più e chi ha meno si allarga inesorabilmente ed alla base della piramide il collettivo sta assumendo una grandezza mostruosa. La punta di questa piramide, al contrario, nonostante la crisi li abbia colpiti (eccome), non registrano cali, anzi: secondo Cap Gemini coloro che superano la soglia di 1.000.000 di reddito sono cresciuti di quasi 30.000 unità fra 2012 e 2013. Sono 3.000, invece, coloro che sfondato quota 22 milioni di euro all’anno: il doppio della media europea.
Secondo Visco bisogna intervenire, altrimenti la disuguaglianza porterà a “ridurre gli investimenti, diminuire gli incentivi e generare instabilità economica e sociale, così da comprimere infine anche la crescita economica”. Il Governatore di Bankitalia continua facendo un excursus sull’innovazione tecnologica. Pro e contro: “nel breve termine, inoltre, in alcune economie avanzate i cambiamenti nel commercio e tecnologici possono aver espulso più lavoratori di quanti il mercato ne abbia saputi assorbire. Le politiche del lavoro e le istituzioni devono – perciò – porsi l’obiettivo di contenere questi costi di aggiustamento e facilitare la riallocazione settoriale e professionale”.
Visco conclude su alcune scelta che la cosa pubblica dovrebbe seguire: “incentivi alle imprese” pro investimenti. “Fornire opportunità uguali per tutti, con un’efficiente rete di sicurezza”. Ancora: “politiche di redistribuzione – che possano – “contribuire a consolidare i guadagni della crescita, fornendo uno scudo ai non privilegiati durante la fase di transizione”. Quindi l’eco sostenibilità della crescita. Insomma, ce n’è per i prossimi anni di consigli e dritte. Adesso spetta al Governo ed al Parlamento farne tesoro o buttarli nel dimenticatoio.
Daniele Errera