Un’altra settimana di tonfi per le borse mondiali, con il Dax tedesco, uno degli indici meglio performanti degli ultimi anni in Europa, che rivede livelli che non si toccavano dall’ottobre 2013. È arrivato il momento del tanto atteso tracollo? Non è detto, ma non c’è dubbio che i motivi di incertezza non siano pochi. Abbiamo innanzitutto il probabile rallentamento europeo, che rischia di cadere in una terza recessione in pochi anni: la stessa Germania, che non si trova su Marte, potrebbe ripiombare in recessione in senso tecnico, nonostante la forza della sua economia sia diventata quasi proverbiale. Le cause sono da rinvenirsi sia all’ interno che all’esterno: all’interno vedono la ben nota litigiosità dei Paesi che compongono l’Unione e l’incapacità di abbandonare la fallimentare era dell’austerità con la concordia che sarebbe necessaria.
All’esterno abbiamo un rallentamento globale in arrivo: gli Stati Uniti non sembrano fra i Paesi più malati, e ciò sta provocando un rafforzamento del dollaro, aiutato anche dalla fine del Quantitative Easing. I flussi di capitale si stanno quindi ribilanciando, fuggendo dai Paesi emergenti e a rischio (come l’Italia) per finire parcheggiati in quelli ritenuti più sicuri.
Questo drenaggio di liquidità provoca scossoni macroeconomici, in particolare sul cambio e sul tasso di inflazione, che si aggiungono alla debolezza delle materie prime, i cui prezzi in calo stanno provocando problemi a quei Paesi, spesso emergenti, che ne sono esportatori. Da segnalare, in particolare, il declino del prezzo del petrolio, che rischia di mettere in un angolo la Russia e che l’OPEC non sembra avere intenzione di fermare.
In breve, molti fattori stanno rallentando economie anche importanti come quella cinese, le quali riducono gli ordini ai Paesi avanzati (per esempio macchinari in Germania) e partecipano al rallentamento del Vecchio Continente, che è il principale mercato del mondo. Facile immaginare che questa depressione finirà infine per toccare anche gli USA.
Insomma, abbiamo davanti un’interessante catena di eventi davanti a noi, con tutto quel che ne consegue per quanto riguarda la realtà di tutti i giorni. I mercati, attualmente, non stanno che meditando su queste incertezze globali, piuttosto che fuggire dalla tempesta. In altre parole per ora il movimento ribassista sembra avere natura soprattutto tecnica, ovvero l’incertezza creata dai fattori sovraesposti ha spinto molti investitori a ripensare la propria esposizione nei mercati più rischiosi. Sarà necessario verificare con prudenza in che modo l’economia si muoverà nei prossimi mesi.
I primi dati macro importanti della settimana arriveranno martedì, e si tratta dell’inflazione: dovrebbe essere confermata la tendenza deflazionistica dei Paesi dell’area periferica, con Spagna in calo dello 0,2% e l’Italia dello 0,1% (con l’indice armonizzato peggiore di una limatura). L’indice ZEW tedesco, che misura il sentimenti degli investitori istituzionali in Germania, dovrebbe scendere poco sopra la soglia dello zero che divide l’ottimismo dal pessimismo. Infine la produzione industriale europea dovrebbe registrare un calo ad agosto dell’1,6%, che su base tendenziale si traduce in un calo dello 0,9%.
Mercoledì l’inflazione cinese è attesa in frenata sotto il 2%, mentre la Germania dovrebbe segnare una crescita dei prezzi pari a zero sul mese, con una crescita dello 0,8% su base annua. Negli USA le vendite al dettaglio dovrebbero far segnare un calo di un decimo di punto percentuale.
Giovedì verrà rilasciato il dato relativo all’inflazione nell’Eurozona, che dovrebbe vedere confermato il dato dello 0,3% annuo. Jobless claims USA sempre attesi sotto il 300mila. L’indice relativo al distretto industriale di Philadeplhia, che misura la salute della manifattura, è atteso in calo, ma sempre sopra quota zero. Venerdì nuovi dati sul settore immobiliare USA dovrebbero segnalare un miglioramento, anche se in un momento di relativa stagnazione.