Economia in Finlandia e rimpasti in Danimarca
Standard&Poor’s ha abbassato il rating della Finlandia da AAA+ a AA+, con outlook stabile. E così anche Helsinki la scorsa settimana ha abbandonato il club dell’eccellenza.
“Il downgrade riflette la nostra visione del rischio che l’economia finlandese possa andare incontro a una prolungata stagnazione” ha spiegato l’agenzia, secondo la quale la lentezza del governo nel procedere con le riforme strutturali accentua l’incertezza attorno al paese.
“Non è una decisione che ci fa piacere, ma non è né inattesa né drammatica” ha dichiarato il ministro delle Finanze finlandese, il socialdemocratico Antti Rinne. È soprattutto la parola ‘inattesa’ a essere importante: perché, come ha detto Rinne, la decisione di Standard&Poor’s sorprendente non lo è stata.
Il Pil di Helsinki è sei punti percentuali sotto i livelli del 2008, la disoccupazione resta alta (7,4 per cento), settori chiave come quello della tecnologia non trainano più, la domanda interna ristagna. A tutto ciò si è aggiunta la crisi tra Occidente e Russia, fondamentale partner commerciale per la Finlandia. Dopo il 2012 e il 2013, anche il 2014 è destinato a chiudersi in negativo: -0,5 per cento, secondo gli economisti della Nordea Bank.
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Gli effetti del downgrade per la Finlandia non saranno solo d’immagine, considerato che i maggiori interessi sul debito potrebbero costare al paese qualcosa come un centinaio di milioni di euro, secondo Antti Rinne. L’Yle (la televisione di stato finlandese) ha scritto che entro fine anno il debito di Helsinki ammonterà a 102 miliardi di euro sui quali andranno pagati interessi pari a 1,7 miliardi.
Ma i contraccolpi sono anche politici. Il primo ministro Stubb sostiene che la decisione di Standard&Poor’s mostra come la Finlandia debba accelerare sulle riforme strutturali. La pensa così anche il leader del Partito di Centro (all’opposizione e in testa ai sondaggi) secondo il quale il downgrade mostra pure come l’attuale governo sia incapace di procedere sul sentiero delle riforme necessarie al paese.
Economia a parte, anche la Finlandia è stata scossa dall’annuncio del governo rosso-verde svedese, intenzionato a riconoscere lo Stato della Palestina. A Helsinki, Socialdemocratici, Verdi e Alleanza di Sinistra vorrebbero fare altrettanto. Si tratta di tre degli otto principali partiti del paese: una bella fetta di politica finlandese. Secondo i socialdemocratici, riconoscere lo Stato Palestinese potrebbe avere un effetto positivo sulla crisi della regione. Improbabile però che gli altri (in pratica tutto il centrodestra) decidano di allinearsi sulle stesse posizioni. Il Partito di Coalizione Nazionale del primo ministro Stubb, ad esempio, non è mai stato un sostenitore del riconoscimento giuridico dello Stato palestinese.
In Danimarca, invece, è andato in scena un altro rimpasto, l’ottavo della legislatura targata socialdemocratici. Karen Haekkerup ha infatti lasciato il suo posto al dicastero della Giustizia, costringendo il primo ministro Helle Thorning-Schmidt a ridisegnare ancora una volta il profilo della sulla sua squadra di governo.
Karen Haekkerup se ne andrà nel settore privato: lascerà la politica, ha annunciato. Il nuovo ministro della Giustizia è Mette Frederiksen, che ha passato il testimone del dicastero del Lavoro a Henrik Dam Kristensen.
L’uscita di scena di Haekkerup è stata sorprendente, ha sottolineato il quotidiano Politiken, secondo il quale c’è dietro un segnale da non sottovalutare: alcune personalità di spicco nel partito Socialdemocratico potrebbero essere alla ricerca di una nuova vita per sfuggire a una probabile sconfitta elettorale l’anno prossimo. “Credono più nella loro carriera altrove piuttosto che in una carriera nel governo” ha commentato il redattore politico del Politiken Mette Østergaard.
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