(In collaborazione con Mediterranean Affairs)
Martedì scorso i combattenti curdi siriani hanno annunciato di essere riusciti a riprendere la collina di Tall Shair, a Kobane. Questa notizia è giunta dopo l’inizio dei raid aerei delle forze della coalizione anti-Isis, guidata dagli Stati Uniti, che nel frattempo si stavano riunendo a Washington per valutare se fornire sostegno di terra ai combattenti siriani e curdi.
Sinora il governo statunitense si è detto fermamente contrario a mettere i “boots on the ground”, che segnerebbero l’inizio di un’altra guerra in Iraq. D’altro canto, la Turchia ha stanziato le proprie truppe lungo il confine con la Siria senza però permettere ai combattenti curdi del Paese di riunire le forze con quelli dei corrispettivi siriani per salvare Kobane.
Ciò ha sollevato molte critiche nei confronti del Presidente della Repubblica Turca, Recep Tayyip Erdoğan, che è stato accusato di anteporre il pericolo curdo a quello dell’Isis. Attualmente, però, sono in corso le trattative con gli Stati Uniti per dare a questi l’uso delle basi aeree turche per realizzare proprio da lì i raid in Siria.
Al di là delle strategie militari, il centro delle preoccupazioni sembra essere costituito da un problema più profondo: ovvero, l’incapacità di far fronte a un fenomeno, quello dell’Isis, considerato come il “figlio ribelle” contemporaneamente di due società, quella occidentale e quella orientale. Infatti, lo Stato Islamico muove contemporaneamente il jihad a Ponente contro i miscredenti, mentre a Oriente contro gli sciiti e, soprattutto, contro ogni espressione di Islam moderato.
Inoltre combatte il mondo occidentale con i suoi stessi mezzi, specificamente tramite i social media, mentre allo stesso modo approfitta della frammentazione e dei vuoti di potere presenti nel Vicino Oriente, lacerato da guerre civili, vacuum di potere e cleavages politico-religiosi.
Photo by Fouad JM – CC BY 2.0
L’Isis, guidato da Abu Bakr al-Baghdadi, è stato costituito nel 2003 come risposta alla guerra in Iraq. Sviluppato in seguito al vuoto politico che si creò al rimpatrio delle truppe statunitensi dal territorio iracheno e alla politica filo-sciita del governo di Nuori al-Maliki, l’Isis si consolida in occasione dello scoppio della guerra civile in Siria (2011).
È in quel momento che il gruppo si scontra con un’altra cellula terroristica, Jabhat al Nusra, operante in Siria e ufficialmente riconosciuta da al-Qaeda. I jihadisti di al-Baghdadi sono in seguito “scomunicati” da al-Qaeda per via del loro progetto totalizzante e dei loro metodi efferati: l’Isis si pone l’obiettivo di affermare una visione integralista, anti-moderata, ed esclusivamente sunnita dell’Islam.
Il jihad lanciato dall’Isis produce, quindi, una vera e propria guerra civile interna al mondo islamico, con il fine pragmatico della ridefinizione dei confini del Vicino Oriente in funzione dell’affermazione del califfato.
Nel frattempo, l’Isis si serve a suo uso e consumo dell’Occidente, non disdegnando l’uso dei social media per realizzare diversi obiettivi. In primis, per reclutare combattenti nei Paesi europei, soprattutto del mondo anglosassone, attraverso la diffusione di immagini che inneggiano al jihad.
Allo stesso modo, i guerriglieri del Califfo usano Internet per diffondere il terrore: da una parte attraverso la diffusione di video che mostrano la decapitazione di ostaggi occidentali per mano di un solito “boia” che, presumibilmente, è un cittadino inglese; dall’altra, attraverso la trasmissione dei video di propaganda condotti dal giornalista inglese John Cantley, ostaggio dell’Isis ormai dal 2012. Si pensi, inoltre, agli annunci fatti su Twitter riguardo alla pianificazione di future invasioni di città in Siria e Iraq.
Questi annunci acquistano il valore di profezie che si materializzano: la popolazione, per paura, fugge lasciando spazio all’incursione delle truppe dell’Isis.
Al di là del problema delle strategie militari da adottare, ci s’interroga come gli Stati della coalizione sapranno contrastare l’Isis che “infetta” contemporaneamente le due società, i cui errori e le cui debolezze hanno permesso la perversa nascita.
Francesca Azzarà
(Mediterranean Affairs – Vice CEO)
Immagine in evidenza: photo by Arian Zwegers– CC BY 2.0