Gilberto Mazzi, qualora fosse vissuto in questi tempi, probabilmente avrebbe dedicato la sua famosa “hit” a questa cifra, al posto delle celebri “1000 lire” cantate (e sospirate) negli anni ’30.
Gli 80 euro (al mese, per l’appunto) continuano ad essere “la” misura economica del governo Renzi di maggiore impatto emotivo nell’immaginario italiano. Una misura che, potenzialmente, ha un maggiore richiamo anche rispetto all’abolizione dell’ICI del 2006: evitare un pagamento – seppur odiato – non ha lo stesso valore simbolico di una quantità di denaro di in più in busta paga. Soldi subito, senza burocrazie né tortuosi percorsi burocratici attraverso moduli, bandi o altre procedure. Semplice ed – elettoralmente – efficace, perché il messaggio arriva nelle orecchie (e nelle tasche) di una fascia di potenziali elettori solitamente molto suscettibili, come dimostrato ai tempi dalla capacità di espansione della Lega tra gli operai o quella di Forza Italia tra i disoccupati ed i pensionati.
Una formula, quella degli 80 euro, diventata ormai parte integrante del linguaggio politico e perciò, dopo il primo “successo”, copiata anche per un’altra platea elettoralmente vicina a Forza Italia e, al momento, senza partito: l’elettorato femminile proveniente da fasce reddituali medio basse. La pianificazione delle misure – perennemente elettorali – del governo Renzi è precisa quanto facilmente rintracciabile: mirare sempre e comunque ad elettori tradizionalmente non di sinistra, facendo forza sul fatto che chi si ritiene “di sinistra” non voterà mai a destra, desertificando le opposizioni.
Tutte queste misure, seppur d’impatto emotivo, hanno innegabilmente il limite della provvisorietà. Dietro l’adozione di questi provvedimenti pare esserci l’aspettativa di “passare” quella “nottata” (economica) che perdura dal 2009, e che ha portato a milioni di posti di lavori persi e alla mancanza di prospettiva per un’intera generazione. Una generazione, quella degli anni ’80, ormai abituata alla precarietà in ogni aspetto della vita quotidiana: dai tirocini ai contratti, ogni momento degli “under 35” è scandito da una scadenza. Gli 80 euro, se non saranno seguiti da azioni durature nel tempo (come, giusto per fare qualche esempio, prevedere contratti a tutele crescenti o invertire la tassazione tra contratti a tempo e contratti indeterminati) rischiano di essere l’ennesima “elemosina a progetto”, esattamente come lo fu l’abolizione dell’ICI, finalizzata al benessere momentaneo.