Montiani ed ex vendoliani guardano a Renzi. Romano: “Scelta civica è finita. Vado nel PD”
Renzi chiama, Romano risponde. L’appello che il presidente del consiglio ha rivolto proprio ieri ai due soggetti politici che si trovano nelle immediate estremità del Pd – alla destra e alla sinistra dei democratici, ovvero Scelta Civica e Led – è stato immediatamente raccolto da Andrea Romano, già capogruppo di Scelta Civica per l’Italia, la lista nata per sostenere Mario Monti ormai ridotta ad una irrisoria presenza in Parlamento, con soli 27 deputati e 7 senatori. La crisi interna alla formazione politica centrista si è poi acuita in seguito alle elezioni europee, con il disastroso risultato ottenuto da Scelta Europea, il cartello che aggregava le liste liberali ed europeiste (Scelta Civica, Fare per fermare il declino, Centro Democratico), rimasto fermo ad un misero 0,72%.
Nella direzione nazionale svoltasi a Roma ieri, Matteo Renzi ha parlato chiaramente di un partito a vocazione maggioritaria (rispolverando l’ambizione – poi rimasta tale – tanto cara al primo segretario democratico Walter Veltroni), aperto proprio a Scelta civica e ai dissidenti di Sel fuoriusciti negli ultimi mesi. E la risposta dei montiani non si è fatta attendere. Per ora a parlare è stato Andrea Romano, ma non è escluso che nelle prossime ore prendano parte al dibattito anche altri componenti del gruppo parlamentare.
Sul suo profilo facebook, Romano ha scritto: “Con Renzi nasce il Pd 2.0, finalmente aperto ai temi liberali. Ora serve contribuire al nuovo partito a vocazione maggioritaria dei progressisti e dei liberali italiani.”
Il merito di Renzi, secondo l’opinione di Romano – di professione storico e docente universitario – è quello di aver “disegnato i confini politici e culturali di quel nuovo partito che serve alla trasformazione storica nella quale è impegnata l’Italia. Un partito capace di allargare i tradizionali insediamenti sociali e culturali della sinistra italiana, aprendosi finalmente ai temi liberali e rispondendo al bisogno di rilanciare il nostro bipolarismo in chiave europea”.
E per quanto riguarda l’esperienza di Scelta civica? “Gli elettori di Scelta Civica hanno già compreso il senso di novità del Pd guidato da Renzi. Ora anche coloro che sono stati eletti nelle liste di Scelta Civica, e che non possono che prendere atto con realismo dell’esaurimento di quel progetto avvenuto proprio in parallelo alla trasformazione avviata nella politica italiana con il governo Renzi, possono e devono contribuire ad alimentare con le loro idee e i loro contenuti quello che dovrà essere il nuovo partito a vocazione finalmente maggioritaria dei progressisti e dei liberali italiani.”. Romano ha poi annunciato il suo passaggio al Pd durante la trasmissione Un Giorno da Pecora: “Sono uscito dal gruppo parlamentare di Scelta Civica, ho formalizzato l’uscita stamattina. Ora sono nel gruppo misto, mi serve per far ‘decantare la situazione. Sono sempre stato un po’ di sinistra e nelle prossime settimane il mio obiettivo è quello di partecipare a questo Pd: voglio entrare nel Pd, che ha cambiato pelle rispetto al passato, ora è un Pd 2.0”.
Intanto, palesi segnali di dialogo arrivano anche dal lato sinistro dell’emiciclo. Domenica mattina, infatti, si è riunita – in presenza di Gianni Cuperlo e Matteo Orfini – l’assemblea nazionale di LED (Libertà e Diritti) il gruppo di deputati capitanati da Gennaro Migliore, fuoriusciti da Sel perché in polemica con le posizioni eccessivamente “estremiste” del partito guidato da Vendola. Il fatto che Led non si sia ancora organizzata ufficialmente in partito (infatti risulta essere soltanto un’associazione politica) è interpretabile come un segnale di transitorietà dell’attuale collocazione dei deputati che vi aderiscono, il cui reale approdo è verosimilmente proprio il Pd renziano, nei confronti del quale le posizioni si sono ammorbidite sempre più, fino a giungere persino a votare in favore del jobs act.
Come avevamo preannunciato qualche tempo fa, Renzi continua a fare proselitismo allargando sempre più il bacino di riferimento, giovandosi di quello che gli studiosi chiamano “effetto bandwagon” . Ma sul mantenimento a lungo termine di un insieme così eterogeneo e multiforme di sensibilità politiche (nonché ideologiche – è innegabile) nessuno sembra pronto a scommettere.