“Come uomo e come sindaco di una comunità ferita, penso continuamente a chi ha perso la vita e a chi è stato colpito. Non credo che le cause di questi eventi siano da ricercarsi in quanto fatto dal Comune nei due anni della mia amministrazione, ma, come sindaco, mi assumo la mia parte di responsabilità per quello che le istituzioni tutte non hanno saputo fare in anni e anni“. Lo afferma a Repubblica il sindaco di Genova, Marco Doria, che aggiunge: “i genovesi che mi hanno contestato, tra cui De Andrè e Baccini, li capisco. Ma dimettermi è l’unica cosa che sono sicuro di non fare in questo momento, anche a costo di prendere degli insulti. Sarebbe come abbandonare la nave in tempesta. E io devo stare qui per dare delle risposte ai miei concittadini”. Sulla vicenda dei dirigenti che sono stati premiati, Doria spiega: “Quel denaro non è una tantum, ma una voce automatica della retribuzione: per evitarla, va cambiata la legge”.
Sulle contestate ferie, invece, il primo cittadino di Genova afferma: “Dopo nove giorni di emergenza assoluta avevo bisogno, e credo, il diritto, di passare mezza giornata con la mia famiglia. Ma ho capito che il problema non era questo, era il luogo, Courmayeur. Se fossi andato a Ovada, nessuno avrebbe avuto da eccepire”. Intervistato anche dal Secolo XIX, Doria spiega la sua ricetta per dare sicurezza ai genovesi contro le alluvioni: i lavori su Fereggiano e Bisagno. “Nell’attesa – aggiunge – la città non può rinunciare alle sue attività, anche quando si svolgono in zone esondabili, nè garantire un’azione di prevenzione 24 ore su 24 perchè tra i 5.600 dipendenti del Comune non ce ne sono abbastanza in grado per capacità e mansioni di coprire il servizio”.